Bombe del ’93, la rabbia di Rosa Belotti

Perquisita l’abitazione della donna sospettata di essere la bionda che guidava l’auto imbottita di tritolo. Urla dal balcone contro i cronisti

Bergamo -  La perquisizione mercoledì nel primo pomeriggio, intorno alle 14. Ad agire sono i carabinieri del Ros di Firenze. Hanno un indirizzo preciso ad Albano Sant’Alessandro. È un gruppetto di villette che si guardano. Quella cui sono interessati militari del raggruppamento operativo è color marroncino. Qui abita Rosa Belotti, 57 anni. È lei il motivo del blitz. È sospettata di essere coinvolta nell’esecuzione materiale con funzioni di autista della Fiat Uno imbottita di tritolo che nella notte tra il 27 e 28 luglio 1993 esplose in via Palestro, a Milano, fuori dal Padiglione di Arte Contemporanea (5 morti), in concorso con appartenenti a Cosa Nostra già condannati con sentenza definitiva. È indagata, verrà interrogata nei prossimi giorni, come ha confermato il suo avvocato, Emilio Tanfulla, che assiste anche suo marito, Rocco Di Lorenzo. Ma questa è un’altra storia. L’ abitazione è stata perquisita su delega dei due procuratori aggiunti di Firenze Luca Tescaroli e Luca Turco. Sono arrivati a lei da una foto trovata nel 1993 durante una perquisizione e dall’identikit della donna alla guida della Fiat Uno fatta esplodere ricostruito grazie a un testimone oculare, oltre che attraverso indagini tecniche. Perquisizione resa necessaria, secondo la procura di Firenze, allo scopo di individuare documentazione, cartacea o digitale, appunti, ricevute, per verificare l’ipotesi delittuosa e i rapporti con le persone che avrebbero partecipato alla strage in via Palestro. Lei a quell’epoca aveva 29 anni.

Un testimone oculare avrebbe visto in volto Rosa Belotti almeno in un paio di occasioni: quando è scesa dall’auto e quando ha raggiunto il lato passeggero. Durante la perquisizione i carabinieri del Ros hanno sequestrato cellulari per accertare tutta la messaggistica. La notizia della perquisizione gira in fretta. "Cosa volete da me, andate via, ne ho abbastanza". Ha l’aria minacciosa Rosa Belotti, quando ieri mattina suoniamo al citofono di casa. "Io non c’entro niente". E ci chiude la porta in faccia. Con lei abita la figlia. Piange al cellulare. Si confida: "Ma no – dice ad alta voce – non è vero quello che dicono, ma stai scherzando? Ho paura, vieni subito qui, perché ci sono i giornalisti e le telecamere". Anche i vicini di casa vivono questa situazione con insofferenza. Del resto non è la prima volta che hanno visto arrivare le forze dell’ordine. Rosa Belotti, capelli lunghi raccolti a coda, grida dal balcone. Una furia. È la moglie di Rocco Di Lorenzo, 65 anni, pregiudicato condannato a 11 anni di carcere (in primo grado il 28 luglio 2020, confermati in Appello, manca la Cassazione) in quanto appartenente a una banda dedita alle estorsioni per riscuotere crediti. Lei è sempre stata presente al processo del marito, lui ora è in carcere per scontare una vecchia condanna. Anche il giorno della sentenza a Bergamo (allora Di Lorenzo era ai domiciliari), la donna era in aula.

Al suo fianco, come sempre dal 1992 quando furono arrestati con altri 8 per un traffico di cocaina tra Bergamo e Mondragone. All’inizio del 1993 è tornata libera. Nella sua deposizione, Di Lorenzo aveva parlato della sua nuova vita, non più da “delinquente“ ma da dipendente in un’azienda di trasporti, con la compagna impegnata tra il negozio di frutta e verdura e quello di abbigliamento, poi falliti. Una vita modesta con l’usurata Audi A8 e soli 170 euro sequestrati al momento dell’arresto, l’11 settembre 2018, che servivano per pagare l’idraulico. Ma ora si parla della moglie, invischiata, secondo la procura di Firenze, non nel filone delle estorsioni ma per terrorismo.