GIULIANA LORENZO
Cronaca

Boggioni nuota nell’oro: "Gli Europei? Una favola ma ora penso a Parigi"

L’azzurra lombarda è laureata in Biotecnologie mediche e farmaceutiche. La ricerca in fondo è un continuo superamento dei limiti, come nello sport . .

Boggioni nuota nell’oro: "Gli Europei? Una favola ma ora penso a Parigi"

Boggioni nuota nell’oro: "Gli Europei? Una favola ma ora penso a Parigi"

Le medaglie sono ciò che certifica il valore di un atleta, ma non sono tutto. Prima, chiedere a Monica Boggioni, reduce da quattro ori al recente Europeo di Madeira, c’è la voglia di migliorarsi, di mettersi in gioco. Il desiderio di essere un esempio per i più piccoli che si avvicinano al progetto ’’Nuota con Noi’’ di Pavia Nuoto, da dove tutto, nel suo caso, è nato. Affetta da diplegia spastica oltre a nuotare è laureata in Biotecnologie mediche e farmaceutiche, perché in fondo la ricerca è un continuo superamento dei limiti, come nello sport.

Un bilancio dell’Europeo? "Nella programmazione stagionale sapevamo che era la tappa intermedia più importante verso Parigi, era un obiettivo, soprattutto dal punto di vista dei tempi e delle prestazioni per capire a che punto è la preparazione e avere gli ultimi quattro mesi per finalizzare il tutto. L’attenzione era sui tempi per due motivi: in generale penso sempre a me stessa, non alle medaglie, perché quello dipende anche dagli altri, non lo si può controllare. Secondo, perché gareggiando a livello europeo mancano tante avversarie. Il mio bilancio è positivo, in alcune gare meglio di altre, ma nel complesso mi ritengo soddisfatta. I risultati mi danno fiducia".

La Nazionale italiana è davvero forte…

"Credo che il segreto di questo gruppo sia la crescita che c’è stata negli anni, che ci ha portato a essere la Nazionale da battere, punto di riferimento del mondo paralimpico. Per la prima volta siamo campioni d’Europa, dopo essere stati per tre edizioni consecutive campioni del mondo. C’è unione, un giusto mix tra giovani e quelli più esperti. Sappiamo che è uno sport individuale, ma il risultato è corale e questo ci dà carica. Siamo un gruppo numeroso, è bello, quando si è in camera di chiamata sentire l’inno italiano durante le premiazioni. Faccio parte pure Consiglio federale FINP e sono rappresentante atletI: è interessante vedere lo sviluppo della Federazione o il lavoro fatto dalle singole società. Sono grata anche alle Fiamme Oro a Pavia Nuoto e a tutto il mio staff, c’è sinergia tra le realtà sul territorio".

Come si aspetta dalla sua seconda edizione delle Paralimpiadi?

"Tutti mi dicono che sarà la mia vera prima, perché a Tokyo non c’era il pubblico e quello che fa tanto, così come un insieme di cose che non ho vissuto, come avere la mia famiglia sugli spalti. Sono curiosa, spero di riuscire a godermi al 100% le gare e tutto il processo che porta a Parigi. La Paralimpiade la costruisci in anni e anni di lavoro. L’obiettivo è migliorare e vincere con me stessa, non penso alle medaglie, mi concentro per fare il meglio che posso, poi si vedrà. Continuerò ad allenarmi a Lodi, la mia seconda casa, più i doppi allenamenti tra Pavia e Corteolona. Inoltre, come per Tokyo, continuo il percorso con la mental coach: si allena il fisico me è importante anche la mente".

Chi vedrebbe bene come Portabandiera?

"Dopo aver letto gli olimpici ne abbiamo parlato tra noi. Ci sono tanti personaggi. L’ultima volta erano dal nuoto Federico Morlacchi e scherma Bebe Vio, nel nuoto potrebbe essere difficile. Magari sarà qualcuno dell’atletica, ricordo la tripletta delle ragazze nei 100 metri a Tokyo".

Ha ultimato gli studi in Biotecnologie, frequenta ancora il laboratorio?

"Continuo, è un ambito che mi piace molto, sono ancora ambasciatrice Telethon e seguo la ricerca. Lo frequento meno rispetto a prima, ma era già in programma di concentrarmi sulla preparazione della Paralimpiade. C’è un contatto, mi piace sempre il gruppo dell’Università di Pavia che fa ricerca per Telethon. Il tempo a disposizione e le energie sono meno e quando faccio una cosa mi piace farla bene. In questo momento ho scelto di dare come priorità Parigi, rimanendo sempre legata a questo mondo".

Cosa l’ha colpita dei suoi studi? L’hanno aiutata a capire la sua patologia?

"Della genetica medica mi ha sempre affascinato capire che è quello che sta alla base della vita, il DNA. Pensare come qualcosa di così piccolo sia all’origine di tutto e comprendere che un sacco di meccanismi sono molecolari. Noi viviamo la nostra vita senza neanche accorgerci e immaginarci di tutto questo, di come il corpo sia un processo perfetto ma non proprio, visto le mutazioni. Questo mi ha sempre colpito, così come la ricerca: può essere il futuro. Ricerca vuol dire speranza, crederci. Ho sempre visto un binomio tra quest’ultima e la vita agonistica. L’obiettivo è quello, passo dopo passo, di trovare qualosa. Con un lavoro di gruppo si arrivano a fare scoperte, qualcosa che prima sembrava irrisolvibile, ha una cura. Per quanto riguarda me stessa, per la mia patologia non è stata trovata nessuna base genetica. Non si sa ancora esattamente la causa, però devo essere sincera, non è un percorso che ho fatto solo per me. Mi affascinava capire il meccanismo".

E la sua storia personale?

"Il fatto di avere una disabilità, mi ha fatto avere una sensibilità maggiore nel cercare di capire che causa abbiano alcune malattie completamente. Penso che il processo di accettazione della disabilità sia un qualcosa che arrivi con il tempo, grazie all’educazione che mi ha dato la mia famiglia e poi anche il nuoto paralimpico. Aiuta tantissimo perché ti dà la possibilità di sfidare ogni giorno il tuo corpo, che apparentemente è quello che ha un limite, ma poi riesci a vedere la disabilità non come tale, ma come una potenziale abilità da imparare a sviluppare".