
UNITI A sinistra, le immagini del corteo della curva atalantina, con lo striscione a favore del “Bocia” (in alto) In duemila alla sfilata sotto gli occhi della polizia
Bergamo, 8 ottobre 2018 - Fumogeni, cori, bandiere. Qualche slogan contro la polizia, ma nessuna vera tensione. Gli ultras dell’Atalanta ieri pomeriggio sono scesi in strada a Bergamo per chiedere la sospensione dei Daspo che vietano l’accesso allo stadio al loro leader storico Claudio Galimberti. Per tutti il “Bocia”. Lontano dagli spalti della Nord ormai dal 2009, dopo gli incidenti a margine di Atalanta-Catania. E ancora sottoposto al divieto d’accesso allo stadio, tra cumuli vari, fino al 2022. Per questo, per far sentire la vicinanza della curva al “Bocia”, un lungo serpentone nerazzurro ieri alle 13 ha marciato per una camminata simbolica, partendo dal parcheggio del Baretto di viale Giulio Cesare, attraversando le strade limitrofe allo stadio. A fare da colonna sonora, oltre a qualche petardo e a dei fuochi d’artificio, un coro che ha rimbombato per mezz’ora: «Claudio libero».
Uno slogan che ha echeggiato tra le villette del quartiere Finardi, tra gli eleganti palazzi di Santa Caterina e lungo viale Giulio Cesare, fino agli ingressi dello stadio, intonato da un corteo formato da oltre 2.000 ragazzi della curva, scesi in piazza per manifestare non solo solidarietà, ma soprattutto amicizia verso il loro leader storico. Peraltro il grande assente di giornata. Lontano da Bergamo, il “Bocia”, impegnato nelle Marche dove si è temporaneamente trasferito per lavoro e dove sta giocando in seconda categoria nella squadra del Marotta. E assente dallo stadio, dove manca ormai da dieci anni, ma sempre presente nello spirito della curva Nord Pisani (di cui resta il leader indiscusso e riconosciuto, come dimostra anche il suo ruolo da ‘padrone di casa’ sul palco alla festa della Dea) che ha sfilato con magliette nere con la scritta ‘Claudio libero’, srotolando un lunghissimo striscione con scritto, ovviamente in caratteri nerazzurri: «Tutti per Claudio, perché torni a vivere questa realtà. Glielo dobbiamo noi, glielo deve la città». Concetti poi ribaditi via megafono dai capi curva, durante il corteo, durato circa venti minuti sotto lo sguardo di polizia e carabinieri che hanno marcato stretto gli ultrà. «Siamo qui per affermare il diritto di tutti e di Claudio di andare alla partita con i propri amici», hanno ripetuto gli ultras, intonando anche cori contro le diffide per il mondo del tifo organizzato e le limitazioni per le trasferte.