REDAZIONE BERGAMO

Bergamo, la pista bulgara per evadere l’Iva: più di 9 milioni di euro confiscati. Sequestrati Rolex, lingotti d’oro e auto di lusso

Sei indagati in carcere: fra loro un commercialista napoletano “mente” dell’associazione per delinquere che riciclava denaro attraverso conti esteri. Le Fiamme Gialle hanno recuperato fatture false per 20 milioni di euro

L'indagine è stata condotta dalle Fiamme Gialle del capoluogo orobico

L'indagine è stata condotta dalle Fiamme Gialle del capoluogo orobico

Bergamo, 13 dicembre 2024 – Nove milioni e 400mila euro di Iva evasa recuperata, fatture false per 20 milioni di euro. Sono due numeri da vertigini dell’operazione portata a termine dalla Guardia di Finanza di Bergamo, che ha sgominato una banda dedita alla commissione di reati tributari e riciclaggio. Sei le persone arrestate, su mandato del giudice per le indagini preliminari di Bergamo e della Procura della Repubblica. Tra i destinatari degli arresti per associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari e riciclaggio, figurano due imprenditori orobici, attivi nel settore della lavorazione del marmo e un commercialista napoletano, con studio a Napoli e Milano, che ha fornito un decisivo contributo all’ideazione e attuazione del complesso sistema criminoso. Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bergamo, hanno fatto luce su una rete di operazioni commerciali fittizie, utilizzate per frodare l’Iva e accumulare ingenti somme di denaro non versate nelle casse dello Stato.

La direttrice est europea

Questi fondi venivano successivamente trasferiti in Bulgaria attraverso una serie di transazioni bancarie. La quantità anomala di denaro movimentato ha determinato l’attenzione dei presidi antiriciclaggio degli intermediari finanziari bulgari, che hanno richiesto spiegazioni sulle operazioni commerciali sottostanti ai movimenti. In risposta a queste richieste, l’organizzazione criminale ha costituito quattro società di consulenza in Bulgaria, incaricate di emettere fatture false per prestazione di servizi, allo scopo di giustificare la provenienza illecita dei fondi. Per la riuscita dell’operazione illecita in Bulgaria era risultato sin da subito indispensabile il coinvolgimento del menzionato commercialista, agli arresti domiciliari, che si è operato al fine di fornire una parvenza di regolarità ai flussi finanziari sospetti. 

In questo modo, veniva “ripulito” il denaro illecitamente ottenuto che poi, attraverso ulteriori passaggi societari, diveniva denaro contante da poter far rientrare in Italia. Le somme rientravano in Italia in diversi modi: attraverso ulteriori apparenti operazioni commerciali, mediante prelievi bancari effettuati utilizzando carte di debito emesse da istituti bulgari o tramite il ricorso a “spalloni”, membri dell’organizzazione che trasferivano ingenti somme in contante (fino a 200mila euro per viaggio) utilizzando mezzi propri o aerei.

La “lavatrice” bulgara

Una volta “ripuliti”, i contanti sono stati utilizzati per finanziare uno stile di vita lussuoso e acquistare beni di pregio tra cui orologi di alta gamma (Rolex, Audemars Piguet, Longines...) e proprietà immobiliari, anche di particolare pregio. Le perquisizioni finora effettuate hanno già portato al sequestro di numerosi conti bancari, circa 33.000 euro in contante, immobili di valore, auto, lingotti d’oro e altri beni di lusso. La custodia cautelare in carcere è stata giustificata da un concreto rischio di inquinamento delle prove e, con riferimento a un indagato, anche il pericolo di fuga. L’aggravato quadro cautelare portava dunque il Gip di Bergamo, su richiesta della locale Procura, a disporre le misure cautelari personali in via di urgenza. L’operazione rappresenta un’importante azione di contrasto alle pratiche di riciclaggio e frode fiscale e a tutela dell’economia legale.