Ragazzini obbligati a rubare: sotto accusa banda di sfruttatori

Iniziato a Monza il processo agli sfruttatori. Trenta ragazzi, alcuni dei quali appena quindicenni, venivano presi in un orfanotrofio in Romania, portati in Italia e obbligati a rubare nei supermercati

Piccoli schiavi costretti a rubare

Piccoli schiavi costretti a rubare

Monza, 16 febbraio 2016 - Più di tenta ragazzini, di cui dieci minorenni, adescati in un orfanotrofio in Romania e portati in Italia con la promessa di una vita migliore. Invece diventavano piccoli schiavi costretti a rubare nei supermercati della provincia di Milano e Monza. Per questa tratta di bambini, che risale al 2010, una banda di sfruttatori rumeni era stata sgominata nel 2011 dalla polizia locale di Milano.

Molti sono già stati condannati, tra cui quello ritenuto il capo, Adrian Marius Bardasu, 46 anni, che si è visto infliggere una pena di 12 anni. Ieri davanti alla Corte di Assise di Monza si è aperto il processo che vede imputati di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù l’allora compagna di Bardasu, Daniela Palamariu, che ora vive in Inghilterra e un altro connazionale, Ionel Catalin Popica, uscito pochi mesi fa dal carcere e poi sparito. Il processo entrerà nel vivo il 21 marzo. Secondo l’accusa, la banda di rumeni adescava i ragazzini rimasti senza nessuno e che speravano in un futuro che l’orfanotrofio di Ramnicu Valcea non poteva loro certo garantire.

Ma una volta fatti partire e arrivati nel nostro Paese, venivano sistemati in un appartamento di Cinisello affittato da Bardasu. E per loro iniziava un inferno di ricatti e sfruttamento. Bardasu, che si teneva i loro documenti e li costringeva a vivere dentro quattro mura dando loro un pasto solo una volta al giorno, li addestrava a rubare. Perché ai ragazzini veniva detto che dovevano ripagare i soldi del viaggio in Italia prima di tornare liberi. Ma non era vero. Ogni mattina i ragazzini, alcuni dei quali poco più che quindicenni, partivano in batteria. Obiettivo: uno dei tanti supermercati di Milano, Monza e relative province. Conoscevano alla perfezione i centri commerciali dove agivano. Soprattutto della catena Esselunga. Con l’aiuto di borse schermate uscivano con cd, dvd, profumi, trucchi, vini pregiati, parmigiano. Era Bardasu a decidere cosa dovevano rubare.

Le merci venivano poi stoccate in alcuni box a Cinisello, dove sono stati trovati più di mille pezzi. Pronti a essere trasportati in Romania, dove parte della refurtiva veniva venduta in un negozio gestito dalla compagna di Bardasu che, ora, difesa da un avvocato di fiducia, nega le accuse. Mentre l’altro imputato è scomparso e per lui è stato nominato un difensore d’ufficio. Ma cibi e oggetti finivano anche in ristoranti e negozi italiani, tanto che alcuni italiani sono stati indagati per ricettazione. Soltanto dopo l’arresto per furto di uno di questi ragazzi, che fortunatamente aveva deciso di parlare, si era scoperta la tratta di orfani e le vittime erano state liberate.