Fallito per colpa dello Stato, il giudice non gli toglie la casa

L'imprenditore Sergio Bramini ha ottenuto una dilazione fino a luglio per vendere la sua proprietà

Sergio Bramini

Sergio Bramini

Monza, 6 aprile 2017 - "E' tornato a credere nella Giustizia?”. “Sì, confesso che l'avevo persa ma oggi...”.

Oggi Sergio Bramini ha ottenuto dal Tribunale di Monza la notizia più dolce: la sua villa, la sua proprietà, non sarà venduta all'asta.

Il giudice l'ha tolta dall'asta a cui era stata messa e ha concesso all'imprenditore monzese una dilazione per venderla per i fatti suoi.

Non sarà semplice, ma Sergio Bramini ci proverà, “ce la metterò tutta...”.

Riavvolgiamo il nastro, però."Ero un benestante, mi hanno ridotto a un pezzente!" diceva appena poche settimane fa. Nato sui Navigli a Milano, ma da 21 anni a Monza, Sergio Bramini attendeva che gli vendessero pezzo per pezzo la sua grande villa, che aveva comperato vent’anni fa a Sant’Albino. Geometra e chimico di formazione, ex imprenditore di successo ("ho cominciato quando avevo appena 24 anni e sono arrivato a fatturare fino a 5 milioni di euro"), si è sempre occupato di trattamento di rifiuti.

Negli anni della “Milano da Bere”, il cartellone col nome della sua I.CO.M. Milano Spa campeggiava nelle gallerie della metropolitana 3 ("mi ero occupato io della sua impermeabilizzazione"), poi tutto a gonfie vele sino alla crisi degli ultimi anni.

Il problema sorge quando la Icom vince diversi appalti, anche milionari, per pubbliche amministrazioni del Sud Italia, dall’“emergenza rifiuti” di Napoli a diversi Comuni siciliani. Ma i pagamenti non arrivano. Ritardi dopo ritardi, le banche interrompono le linee di credito, e Sergio Bramini si ritrova con l’acqua alla gola.

"Avanzo crediti per 4 milioni e 300mila euro: 4 dalla pubblica amministrazione, 200mila euro dall’Ucraina!".

Gli operai (23) e gli impiegati (9) della sua azienda, uffici a Bresso, però vanno pagati. Bramini si rifiuta di lasciarli sul lastrico e commette l’unico errore, a sua detta: accende mutui su mutui, ipotecando casa e uffici, nella speranza – vana - di rientrare prima o poi dai debiti, insomma che presto o tardi lo Stato paghi il dovuto.

Risultato? Nel 2011 il Tribunale dichiara il suo fallimento. Gli appioppa un curatore fallimentare e decide di mettere all’asta la sua villa, dove Bramini vive tutt’ora con moglie (da cui intanto si è separato), tre figli, una nipotina di 5 anni. E qui cominciano i nuovi problemi: il perito nominato dal Tribunale valuta il valore della sua villa in circa 700mila euro. Che all'asta saranno decurtati di un altro 25%. Bramini contesta la perizia, ne fa preparare un'altra e chiede al Tribunale di fermare l'iter.

Effettivamente, a confrontare la perizia del curatore fallimentare con la realtà dei fatti c'è da mettersi le mani nei capelli. "Una miseria – dice Bramini – tanto che ho fatto fare una controperizia: si erano dimenticati un mucchio di cose". Finiture di pregio, l’effettiva metratura (30 vani, 740mq, 2.320 mq di parco, con laghetto e piscina riscaldata, box doppio). "Persino i serramenti han scritto che sono di plastica, quando invece sono di acciaio e motorizzati".

In soldoni, la sua villa vale almeno 1 milione e mezzo di euro, anche se Bramini è disposto a venderla per molto meno.

Il suo ricorso ha impedito per ora che fosse messa all’asta d’urgenza e lui gha cominciato a girare davanti ai Tribunali di Monza e Milano per raccontare la sua storia: "Ho bisogno di vendere la mia proprietà per pagare i creditori, ho 70 anni, vivo della mia pensione e lavoretti vari, non ho più nemmeno i quattrini per pagare gli avvocati".  Bramini sottolinea: "Peraltro, beffa delle beffe, due anni dopo il mio fallimento è entrata in vigore una nuova legge europea: la mia posizione doveva venire stralciata dato che il fallimento dipendeva solo dai mancati pagamenti della pubblica amministrazione. Quella legge era già pronta dal 2009, ma i ritardi della politica italòiana l'hanno fatta recepire solo nel 2013".

“Ora tenterò di salvare il salvabile – aggiunge -: siamo disposti a vendere in blocco le nostre proprietà immobiliari. Si tratta della villa di via Sant'Albino 22 a Monza  e della palazzina di uffici a Bresso in via Marconi 25/a di 600 metri quadri: per i due stabili è richiesta la somma di 1.100.000 euro. C'è disponibilità anche a vendere la sola villa a una cifra di almeno 780mila euro. Inoltre sono disponibile a un accordo regolarizzato legalmente per usufruire di quanto previsto dal Tribunale di Monza con la Conversione del Pignoramento o la Composizione della Crisi".

Ma non converrà a un possibile acquirente attendere l'asta giudiziaria per pagare ancora meno la sua proprietà? “No, non è facile comprare a un'asta... Stavolta comunque il clima in Tribunale era cambiato: quella perizia era sballata e il giudice mi ha concesso più tempo. La notte prima non ho dormito, ora farò l'impossibile per vendere. Non credevo più in Dio, ma dopo la sentenza mia moglie mi ha portato ad accendere una candela in chiesa”.