"Aggiungi un posto a tavola": a cena con i migranti

Ad Agrate Brianza, in una cinquantina di case è stata organizzata una cena con i profughi .Un’occasione per conoscersi meglio e ascoltare le storie di speranza e dolore di uomini, donne e bambini costretti a fuggire dalle proprie case per cercare un futuro migliore e più sicuro di BARBARA CALDEROLA

Nuove amicizie sono spuntate a tavola (Radaelli)

Nuove amicizie sono spuntate a tavola (Radaelli)

Agrate Brianza, 21 marzo 2016 . I barconi, gli scafisti, la Libia. Il viaggio in fuga dalla guerra, dalla fame, le famiglie rimaste in Nigeria e in Gambia, l’arrivo in Brianza, a luglio. E l’integrazione possibile andata in scena sabato sera in una cinquantina di case di Agrate. Tutti a tavola insieme: italiani e profughi. Nella cittadina di 15mila abitanti di chiacchiere ne han fatte poche. L’estate scorsa la Prefettura ha informato il sindaco Ezio Colombo che l’hub della Provincia, nel suo Comune, avrebbe ospitato 160 disperati. E lui e la Giunta si sono rimboccati le maniche mostrando il volto migliore di questa terra. Fra una portata e l’altra scorrono le vite. «Vorrei tanto rimanere in Italia, qui ho trovato pace», dice F., 35 anni, seduto al centro della tavola di Donata e Marco Villa, in un elegante appartamento di via Foscolo. Attorno a loro, i figli della coppia, Francesco, la fidanzata Marianunzia e Daniele. Sull’ipad sfilano ricette nigeriane. La padrona di casa ha passato la giornata ai fornelli. La cena del Comune e della parrocchia è il coronamento di un percorso di reciproca conoscenza che va avanti da otto mesi.

IMPEGNO Nuove amicizie sono spuntate a tavola (Radaelli)INCROCI Ricette africane e viaggi della speranza partiti da Nigeria e Gambia si sono incrociati nelle case degli abitanti di Agrate che hanno aperto le porte ai profughi e alle loro storieStanno mangiando pollo, riso e verdure. «Ma io adoro la pasta», aggiunge F., arrivato in Calabria dopo aver vissuto il conflitto libico. Lui, come gli altri ragazzi dell’hub, ha dormito in tenda fino al 23 dicembre. Cinque mesi, in 160, non si conoscevano «eppure non c’è stato un problema», sottolinea Carmen Collia, assessore ai Servizi sociali. «Senza spendere un centesimo, l’amministrazione non ci ha messo un soldo», aggiunge. «Dietro a ogni volto c’è una storia, parlo da mamma: se fossero i miei figli a trovarsi, soli, dall’altra parte del mondo, e non avessero nessuno che gli tende una mano?», dice Donata, casalinga impegnata nel sociale per spiegare perché ha aperto le porte di casa sua al ragazzo. Qui sta la chiave del «miracolo agratese». «I nostri volontari sono splendidi - ancora Collia – le raccolte di vestiti grazie a loro si sono tradotte in tre furgoni strapieni di ogni ben di dio». «Bisogna fare rete – aggiunge Marco in perfetto inglese – per riuscire occorre unire le forze: pubblico e privato. Questa iniziativa è la migliore testimonianza di una diversa filosofia». A poche centinaia di metri, in via don Cantini, c’è un’altra casa «solidale». Arriva di corsa alla porta Filippo Cafarelli, 4 anni. Sventola la doppia bandiera che ha disegnato per J. e G. i due ragazzi del Gambia che suo padre Claudio e sua madre Cristina hanno invitato da loro. Bianco, rosso e verde da una parte, rosso, blu e verde dall’altra, tutto fatto da lui. Gli trotterella dietro la sorellina Francesca di 2 anni. Non stanno più nella pelle. Sulla tavola è appena arrivata la torta al cioccolato.

«Siamo pieni di gratitudine per Carmen (l’assessore) e la gente di Agrate che ci ha fatto sentire meno soli», racconta J. Ha 25 anni, ha lasciato il suo paese nel 2014 per cercare lavoro, si è ritrovato in Cirenaica prima del caos totale, poi è stato costretto a salire su un barcone. Accanto a lui, G., protagonista di un’odissea fotocopia, finita, però, con lo sbarco in Sicilia. Di anni ne ha 19 anni, da più di due non vede la sua famiglia, rimasta in patria. Eppure non è triste. «Stiamo studiando italiano, vorremmo tanto trovare lavoro qui». Papà Claudio traduce. «Li abbiamo accolti perché vogliamo trasmettere certi valori ai nostri figli». «Anche nelle piccole cose si può cambiare il mondo», aggiunge la moglie. Si riferisce al pasto che ha preparato per tutti. «La prossima volta cucinano gli ospiti», scherza Claudio. Carmen Collia li guarda e si commuove. L’assessore ha già in cantiere altre due iniziative di spessore: il laboratorio informatico offerto da St, il colosso del chip regalerà computer e insegnanti per dare un futuro a questi ragazzi, e quello teatrale con il regista Beppe Bertani, che metterà i migranti sul palco «a raccontare la loro vita, i loro sentimenti». Mentre i 115 dell’hub, richiedenti asilo, aspettano pazienti che la Commissione territoriale gli restituisca il futuro. Non hanno documenti, non possono viaggiare. Sono ospiti obbligati a esserlo. La burocrazia ci mette un anno per venirne a capo. Siamo solo a metà strada.

barbara.calderola@ilgiorno.net