J-Ax canta "Il bello d’esser brutti". E arriva all'Alcatraz di Milano con sette date sold out

Non ha certo intenzione di restare incollato per sempre alla poltrona di The Voice. Già, perchè J-Ax, oltre a essere vocal coach del talent è un artista da palcoscenico. Ha saputo inventare (e re-inventare) il rap portandolo alle orecchie degli italiani quando meno se lo aspettavano di Francesca Nera

J-ax, sette date sold out a Miano

J-ax, sette date sold out a Miano

Milano, 17 marzo 2015 - Non ha certo intenzione di restare incollato per sempre alla poltrona di «The Voice». Già, perchè J-Ax, oltre a essere «vocal coach» di uno dei talent show più in voga del momento, è un artista da palcoscenico. Uno di quelli un po’ atipici, certo, ma che il rap l’ha saputo inventare (e re-inventare) portandolo alle orecchie degli italiani quando meno se lo aspettavano. E oggi, a distanza di anni, il verbo del suo «Rap n’ Roll» ha bisogno più che mai di essere diffuso, a cominciare da stasera. Sette date all’Alcatraz di Milano (il 17, 18 e 19 marzo e ancora il 13, 14, 15 e 16 aprile) che hanno registrato il tutto esaurito in tempi record e un album che, a due settimane dall’uscita, è stato certificato nientemeno che disco di platino. «Rispetto agli album precedenti ‘Il bello d’esser brutti’ possiede quella positività di aver scoperto che grazie al fatto di non essere bello uno può avere la possibilità di sviluppare uno stile, le proprie passioni e di trovare uno stimolo in più - ha spiegato l’artista -. Quando un pavone nasce senza la ruota deve inventarsi altro, come cantare, fare sport, costruire ponti o andare sulla luna».

Non sarà ancora approdato sulla luna eppure sotto quella testa ricoperta dai tattoo le idee non mancano di certo. Come quella di fondare Newtopia: un’etichetta indipendente nata nel 2013 a Milano con la complicità dell’amico-socio Fedez. Un sodalizio, quello con il rapper di Buccinasco, concepito da un condiviso malcontento rispetto alla discografia italiana: «Tutti e due pensavamo che la nostra espressione, il nostro successo, fossero limitati dal fatto che chi ci doveva credere non ci credeva abbastanza, quindi abbiamo dimostrato che mettendo la giusta attenzione e i giusti budget dove andavano messi, le cose funzionano». Un'etichetta a cavallo tra un laboratorio artistico warholiano e una potente macchina da business che ha saputo spalancare le porte del successo ad artisti come Caneda, Denny La Home, Weedo, i Bushwaka e ai due talenti X-Factor Madh e Lorenzo Fragola. E a proposito di «talent show» lo «zio» ha le idee chiare: «Il talent può darti una grande scorciatoia rispetto alla popolarità, può farti saltare dei passaggi in quella che è la scala per farti conoscere». Il rischio della parabola è dietro l’angolo: «Sta a te poi dimostrare se sei un artista vero o soltanto una meteora». Ma, almeno per quanto riguarda J-Ax, sulla «piazza» dai primi anni Novanta, più che di meteore è il caso di parlare di pietre miliari.

francesca.nera@ilgiorno.net

 

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