Milano, 23 gennaio 2017 - A fare la differenza sono i dettagli. E nella “Redenzione” intrapresa dal giovane rapper lowlow ce ne sono parecchi. Anzitutto i testi: un rimbalzare di affetti e rancori illustrati con una credibilità rara, scevri da quel tipo di autoreferenzialità tipicamente hip hop; un linguaggio che spazia con disinvoltura da una citazione dantesca a una dei Club Dogo; e una lucidità disarmante con cui affronta temi come il suicidio o l’autolesionismo per tornare con ironia e leggerezza a parlare di ben altro. Poi ci sono i suoni: un ambizioso collage di seduzioni pop che porta la firma di Fausto Cogliati. Il tutto funziona. E ogni traccia è una nuova scoperta.
All’età di 13 anni lowlow (all’anagrafe Giulio Elia Sabatello, classe 1993) si era già fatto notare nelle gare di freestyle e il suo nome circolava all’interno della scena romana. Approdato in Honiro Label ha poi avuto l’occasione di mostrare a tutti il suo potenziale fino a quando, con le sue rime, è riuscito a convincere un boss della discografia italiana come Caterina Caselli che lo ha voluto come primo rapper di casa Sugar. Ma l’artista romano è riuscito a persuadere anche il pubblico che lo ha premiato con più di 10 milioni di visualizzazioni su Vevo del singolo ‘Ulisse’ a un mese dalla sua pubblicazione.
La rabbia e il cinismo di progetti come “Scusate per il Sangue” hanno lasciato spazio alla consapevolezza e oggi lowlow ci racconta la sua “Redenzione”, l’album d’esordio uscito lo scorso 13 gennaio.

"Ho un solo scopo ed è esprimermi. La libertà lascia i brividi”, canta in "Bravo”. Pensa di essere riuscito a esprimersi liberamente in “Redenzione”? “In tutto l’album mi sono espresso in massima libertà. Basta pensare a ‘Ulisse’. La scelta di fare di questo brano - che è uno storytelling - il primo singolo non era per nulla scontata. Poi, da quando mi capita di venire spesso a Milano, devo ammettere di sentirmi davvero libero anche se si tratta di un passaggio nuovo, un po’ fuori dalla mia ‘comfort zone’”.
Come mai la parola "Redenzione" come titolo del disco? “‘Redenzione’ è una parola molto importante ed è legata alla fotografia del ‘nuovo me’. Con la musica ho iniziato da lontano ma sono dell’idea che un’artista debba sempre evolversi e finalmente sento di potermi esprimere al massimo delle mie potenzialità. Oggi non devo più gridare al mondo che sono un artista ma posso cominciare ad esserlo…”. (“… ciao frate, scusa, un autografo dici? Puoi aspettare qualche minuto che sto facendo un’intervista. Ti raggiungo io al bar…” piccola pausa ndr.)
E’ già un’artista. E a quanto pare non passa inosservato… “E’ fantastico quando mi fermano perché mi riconoscono… Negli alberghi mi succede spesso (ride, ndr.)”.
Per tornare al disco, l’unico featuring è quello con Marianne Mirage. Come mai? “Lei era semplicemente perfetta per il pezzo che avevo in mente. L’idea di unire il mio rap new school a sonorità più internazionali dal gusto un po’ soul mi piaceva molto. Originale anche l’idea di uno scambio di battute fra me e lei in tono divertito ma confidenziale”.

E sempre in "Io ti ammazzerei" dice: “Ho firmato con la Sugar ma rappo come in un cypher". L'idea dunque è quella di restare lowlow? “Certo. L’intento è quello di restare me stesso che poi è la scelta più semplice. Le gente sta capendo la mia musica e il successo di ‘Ulisse’ me lo ha dimostrato. Dopotutto quello che scrivo è alla portata di tutti”.
Ma come ha vissuto l'ingresso alla corte di Caterina Caselli? “Sono felice di essere approdato in Sugar. Quasi stento a crederci. Lavoriamo tutti i giorni e intorno a me ho uno staff di persone eccezionali. La cosa più bella è che mi sono sentito subito capito: la mia unicità nel comunicare è arrivata, così come il mio ‘delirio’”.
In “Giulio Elia” dice: “L’industria del rap da un po' sta morendo, nessuno tira fuori idee o un fottuto argomento”. Vuol dire che oggi non c'è nessun rapper che le piace? “Qualcosa mi piace anche se in questo periodo tendo ad ascoltare altri generi. Diciamo che cerco di studiare modi differenti di scrivere traendo ispirazione da sonorità diverse. Il punto è che per me il concetto di ‘competizione’ è fondamentale. E’ questo il motore del mio rap ed è per questo che tendo a spaziare senza però snaturarmi. In realtà per il rap questo è un bel momento, ricco di esperimenti e innovazioni. La stessa Sugar che ha scelto di puntare su di me ne è la dimostrazione”.
Comunque il pezzo “Giulio Elia" carico di cinismo e puncheline, denota chiaramente il suo background da freestyler… “Esatto. La mia esperienza col freesyle mi agevola molto nella scrittura e mi dà una capacità e una velocità di pensiero incredibili. Per esempio, ‘Ulisse’ l’ho scritto in pochissimo tempo. Nel frattempo, però, è importante non fermarsi a quel mondo fatto di soli virtuosismi e tecnica. Per scrivere un testo ci vuole molto altro”.
Infatti oltre al suo bagaglio di metriche e rime in “Redenzione” non mancano omaggi a Shakespeare, Dante e Calvino... Reminiscenze scolastiche? “In parte, anche se ho uno sguardo molto critico sul sistema italiano dell’istruzione. Lo spiego bene in Arirang: ‘…la cultura si misura in base all’ambizione e l’ambizione si misura in base alla cultura…’. Ad ogni modo ho fatto il Liceo Classico e, grazie alla mia famiglia, sono cresciuto in un ambiente culturale molto stimolante. Più che altro sono un po’ come una spugna: assorbo tutto ciò che mi circonda, da quello che leggo a un discorso sentito fare, che so, dal tassista”.
Tra l’altro in "Arirang" parla del suo migliore amico mentre “Niente di più stupido di sognare" è dedicata a suo fratello. Non ha paura di esporsi un po’ troppo? “Invece è questa la mia strategia. Ho riflettuto tanto su come rendere l’album alla portata di tutti e alla fine ho deciso di essere semplicemente me stesso. Immagino possa sembrare la mossa più semplice ma non è così. Diciamo che sono riuscito a parlare di me con un rap che non parla mai di rap. E questo è stato il concept che ho voluto portare in Sugar”.
Da Roma si è trasferito a Milano? “In realtà faccio avanti e indietro ma qui mi trovo benissimo. Posso dire che mi piacciono le ragazze di Milano”.