Turista violentata a Milano: analisi dei telefoni e Dna, così è stato incastrato José

La pista dell’auto. Poi la soluzione dal cellulare

Il pm Gianluca Prisco coi carabinieri

Il pm Gianluca Prisco coi carabinieri

Milano, 16 novembre 2017 - Un percorso dolorosissimo. In macchina per ripercorrere il tragitto dell’orrore. Via dopo via. Incrocio dopo incrocio. Fianco a fianco coi carabinieri della Monforte, che non l’hanno mai lasciata sola e che pure l’altroieri l’hanno sentita: «L’abbiamo preso». E forse Jennifer (nome di fantasia) avrà tirato un sospiro di sollievo, nonostante sia già volata da un mese dall’altra parte dell’Atlantico. Sono stati anche il suo coraggio e la sua forza d’animo a indirizzare le indagini dei militari (a loro i complimenti del console canadese), che si sono concluse 48 ore fa con la cattura del 28enne salvadoregno Josè B.  I. A.: destinatario di un fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura, è accusato di averla violentata la mattina del 17 settembre scorso in via Crescenzago, nonché di aver fatto lo stesso 7 anni fa a un’impiegata salita alle 7.43 su un treno del Passante.

La drammatica sequenza parte alle 5.07, quando la trentenne nordamericana, a Milano in vacanza, esce dall’ostello California di via Lambrate 18: deve raggiungere la fermata Pasteur della metropolitana rossa. Percorre il tragitto a piedi: un tratto di via Costa, poi via Cecilio Stazio, via dei Transiti e viale Monza. A quell’ora, il metrò è ancora chiuso. Così la ragazza si incammina verso piazzale Loreto in cerca di un taxi che la porti al terminal bus di Lampugnano, dove l’aspetta un pullman per Venezia. All’altezza del civico 23, una Citroen C3 di colore rosso si accosta: «Dove devi andare? Vuoi un passaggio?», le dice il conducente descritto come «un uomo di origini ispaniche». Lei accetta. E in quel momento inizia l’incubo. Sono le 5.22. La macchina svolta in via Costa e prosegue lungo la direttrice Leoncavallo-Palmanova; quindi via Carnia, piazza Udine e via Feltre, fino in via Pisani Dossi. Iraheta le salta addosso, la afferra per il collo e le sbatte con violenza la testa sul cruscotto.

Jennifer riesce a divincolarsi e a scendere per chiedere aiuto. Nessuno la può sentire. Il salvadoregno non perde la lucidità: risale sulla C3, la raggiunge e parcheggia. Poi si avventa su di lei e la costringe a seguirlo all’interno di un posteggio: lo strupro va avanti per sette interminabili minuti. Jennifer lancia subito l’allarme: soccorsa dal 118, alla Mangiagalli i medici certificano il terribile racconto. Il giorno dopo, seduta nella gazzella dell’Arma, la donna ricostruisce il tragitto. Una spinta decisiva all’inchiesta. Sì, perché consente agli investigatori di selezionare le telecamere utili. Quella buona è in piazza Udine: alle 05:31:23 ha immortalato il passaggio della C3, berlina con tetto curvilineo, targa sul portellone e inserti in gomma su portiere e paraurti posteriore. 

È un modello particolare, segnala un addetto alle vendite Citroen consultato dai segugi della Monforte: è la Exclusive, prodotta tra il 2002 e il 2009. E il numero di targa? Illeggibile purtroppo, troppo scadente la qualità del fotogramma. Grazie a un laboratorio specializzato, si riesce a isolare solo una cifra: un «3» al centro», con un «8» o un «9» di fianco. La scrematura via Motorizzazione abbassa il numero di macchine da monitorare prima a 128 e poi a 18. Fino a quella che sembra la vettura giusta, intestata a un peruviano. Niente da fare: i successivi accertamenti, compreso quello dirimente del Dna, lo scagioneranno.

Completamente estraneo ai fatti. Nel frattempo, i carabinieri completano pure l’analisi sulle celle telefoniche e le decine di migliaia di numeri agganciati in quelle ore: il lavoro è certosino e sfiancante, si tratta di comparare e andare avanti escludendo le combinazioni sbagliate. Il 31 ottobre, la lista si restringe a 12 nominativi: il numero 8 è Josè B. I.A., ultimo indirizzo conosciuto via Gustavo Fara 15 ma senza fissa dimora e sprovvisto di permesso di soggiorno dal 2011. I militari lo intercettano comunque, riuscendo a isolare il suo Dna dalla saliva lasciata su un bicchierino di caffè e su un mozzicone di sigaretta. Il 10 novembre arriva la nota del Ris di Parma: è lui lo stupratore. Quattro giorni dopo le manette.

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