"In sei anni l’Ospedale dei Santi": ambulatori e studentato nei vecchi spazi

La Regione: il dado è tratto. I sindacati: rischio strutture abbandonate

Attesa per il nuovo ospedale

Attesa per il nuovo ospedale

Milano, 15 luglio 2017 - Il nuovo Ospedale dei Santi da tirar su in sei anni a Ronchetto sul Naviglio, con una fermata della M4 «sul piazzale», un pronto soccorso da 150 mila accessi l’anno e 750 posti letto, che sono cento meno degli 850 oggi attivi in due ospedali, ma «senza riduzioni di personale» e anzi «con un’efficienza organizzativa» tale da «aumentare le prestazioni», utilizzando come polmone reparti per post-acuti e cure intermedie da mettere nei vecchi San Carlo e al San Paolo, insieme ad ambulatori e servizi di prossimità. Ma anche, magari, a «uno studentato per la Statale». Nei colossi da 10 piani, classe 1966 e 1979, parecchio malmessi, le megaristrutturazioni radicali già finanziate con 48 e 40 milioni non si faranno. «Ormai il dado è tratto», hanno detto Marco Salmoiraghi, il direttore generale dell’Asst dei Santi in cui i due ospedali si sono fusi 18 mesi fa, e l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera, giovedì a un dibattito organizzato dai 5 Stelle in via Fratelli Zoia. «Una serata pubblica per informare i cittadini e i lavoratori», spiega il consigliere regionale pentastellato Stefano Buffagni, chiarendo che il Movimento, sul caso, «non ha preconcetti ma perlessità, sulla sostenibilità economica e perché abbiamo già visto megaprogetti nati senza sapere cosa si farà delle strutture che restano, come a Garbagnate. Per partire bisogna avere un piano dalla A alla Z».

Una cinquantina tra attivisti, residenti e lavoratori; un dibattito acceso, con i sindacati in presidio e poi a incalzare in sala. Gallera ha sostenuto la scelta politica: quello dei Santi è «uno dei tre grandi progetti su Milano» insieme a Città della Salute e nuovo Policlinico, usare i circa 90 milioni a disposizione per sistemare l’esistente «non ci consegnerebbe ospedali del terzo millennio. È un’opportunità straordinaria per la città e i lavoratori». Assicura che «non abbandoneremo le vecchie strutture: investiremo per mantenerle, lasceremo servizi sanitari per i quartieri. Al Comune abbiamo chiarito che lì non abbiamo bisogno di far reddito». Per il Comune la certezza sul destino dei due colossi è condicio sine qua non per l’accordo.

Al Dg Salmoiraghi la difesa tecnica di quella che rivendica idea sua, concepita dopo aver ottenuto dal Ministero i 40 milioni per il San Paolo; i 48 del San Carlo c’erano già (strappati, rivendicano i sindacati, con la loro lotta), e assicura di «non aver rallentato l’iter di un giorno sino a fine 2016». Ma nel bilancio dell’Asst i due ospedali «non sono uguali: se la riforma della sanità non l’avesse accorpato, il San Carlo sarebbe stato in piano di rientro»; e il matrimonio col San Paolo, polo universitario, «sul mero piano economico comporta una perdita di circa 20 milioni l’anno». L’analisi economico-gestionale commissionata «senza spendere 50 cent» a un gruppo di masterizzandi spagnoli ha stimato «che con i due ospedali ristrutturati saremmo ancora in perdita di otto milioni», mentre quello unico «porterebbe a un’efficienza positiva di 15 milioni». Ma il dg insiste che è sul piano «della qualità sanitaria e della sicurezza» che l’ospedale nuovo «è l’unica soluzione che può dare a San Paolo e San Carlo una prospettiva per i prossimi 20-30 anni: la medicina è radicalmente cambiata».

E poi per ristrutturarle i vecchi, in tre scaglioni, «ci vorrebbero nove anni, con traslochi e disagi, mentre per quello nuovo ne possono bastare tre di progettazione e tre di realizzazione». Teorici, certo, e in platea molti ricordano decenni di milioni spesi per lavori mai finiti, le vicende giudiziarie anche recenti sulla corruzione nella sanità lombarda. E anche «la precarizzazione insopportabile, la qualità si fa soprattutto con le persone», tuona l’Usb con Gianni Conte. Ma ci sono anche i timori dei cittadini di «due quartieri da 160 mila e 170 mila abitanti che resteranno senza ospedale». Salmoiraghi ribatte che «nessun posto in Italia ha una densità di pronto soccorso come Milano»; che l’area individuata è «baricentrica» tra i due; che «sentiremo gli operatori per disegnare il progetto sulle esigenze di tutti. I prossimi sei mesi saranno cruciali». Cruciali anche per sciogliere i nodi del finanziamento del nuovo ospedale - costerà secondo indiscrezioni 400 milioni, l’idea è il project financing - e del destino dei vecchi. «Aspettiamo ancora dall’assessore risposte concrete e certe - ricorda Andrea Pinna della Cgil - e le modalità per pagare un’opera faraonica che ci risulta il Ministero non sosterrà».Giulia Bonezzi

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