Milano, 3 febbraio 2018 - Apre i battenti all’università di Milano Bicocca il primo corso per «cacciatori di rumore»: l’obiettivo è permettere a progettisti, direttori dei lavori e tecnici d’impresa, ma non solo, di imparare sul campo a utilizzare gli strumenti necessari a “catturare” i rumori e riconoscere le problematiche legate all’inquinamento ambientale e all’acustica applicata al territorio e agli edifici.
Alla regia una squadra guidata dal professore Giovanni Zambon, coordinatore del corso di formazione e ricercatore in Fisica Applicata. Il laboratorio di acustica ambientale è nato insieme all’università, vent’anni fa, sotto l’ala del dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra. Da allora «ascolta» Milano con 24 microfoni disseminati in città e attrezzatura mobile e gira per l’Italia e l’Europa. Visti gli obblighi di legge e la rinnovata attenzione sull’inquinamento acustico – saltato alla ribalta anche dopo le ultime sentenze sul «rumore da movida» – la ricerca di professionisti nel campo si fa sentire.
Da qui l’idea della Bicocca di aprire un corso ad hoc per Tecnico competente in acustica: bando aperto, tempo fino al 26 febbraio per candidarsi, le lezioni partiranno ad aprile. Il costo del corso di formazione è di 1.800 euro. Lezioni frontali, ma soprattutto esercitazioni e attività pratiche di laboratorio e outdoor: 180 ore in tutto con esame e votazione finale. Dai fondamenti di acustica alla conoscenza delle strumentazioni e delle normative, dalle vibrazioni negli ambienti di lavoro alla propagazione del rumore. Possono iscriversi laureati di tutte le discipline, diplomati di scuola media superiore a indirizzo tecnico o maturità scientifica. «È da più di 20 anni che in Bicocca ci occupiamo di acustica e sono presenti laboratori didattici e di ricerca in cui si studia il suono in tutti i suoi aspetti – sottolinea il professor Zambon –. Dopo la recente emanazione del decreto legge che riconosce il titolo di tecnico competente in acustica a coloro che hanno seguito un corso universitario specifico, ci siamo sentiti quasi in obbligo di istituirne uno anche nella nostra università».
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