Il giuramento di Abdoulaye: il primo africano del foro di Milano

È arrivato in Lombardia nel 1991. "Il vero eroe è mio padre. Quando è arrivato in Italia faceva il “vu cumprà“. Se non avesse resistito io non sarei qui..." di MARIANNA VAZZANA

Abdoulaye Mbody

Abdoulaye Mbody

Milano, 7 maggio 2016 - Quando, il 14 dicembre del 2012, ha prestato giuramento diventando avvocato a tutti gli effetti, non ha solamente realizzato il suo sogno: Abdoulaye Mbodj, che oggi ha 31 anni, è diventato il primo avvocato africano del foro di Milano. Oggi ha due studi, uno a Porta Venezia e l’altro a Lodi, e si occupa di “penale bianco”, che riguarda le società, i reati commerciali e dell’economia. Ogni giorno si divide tra l’attività forense e una missione sociale che porta avanti attraverso AABA onlus, l’associazione che ha fondato due anni fa per aiutare i suoi concittadini di Dakar, in Senegal. «Il giorno del giuramento, mio padre Alì si è commosso. Io non smetterò mai di ripetere che è lui il vero eroe», esordisce Mbodj. Nel 1988, quando lui aveva 3 anni, il genitore partì da Dakar alla volta dell’Italia in cerca di un futuro per sé e la famiglia. «Andò a vivere a Zingonia, in provincia di Bergamo». Si arrangiava facendo il vu’ cumprà: ogni giorno partiva alla volta di Milano per vendere accendini in piazza Castello, da immigrato irregolare. Da Zingonia alla stazione di Vedellino, poi fino a Milano Centrale. «C’erano giornate in cui riusciva a vendere appena cinque accendini portando a casa 5mila lire. I vigili ogni tanto lo rincorrevano». Così per due anni, finché non ha ottenuto il permesso di soggiorno.

EMOZIONE Abdoulaye Mbody, al centro, insieme ai genitori subito dopo la cerimonia di giuramento«Ha avuto cuore e perseveranza, e lo ha aiutato sempre la ricerca costante della verità. Quello che sono, lo devo a lui. Se non avesse resistito, forse oggi sarebbe a San Vittore e io ancora in Africa, chissà», continua Mbodj. «Sono arrivato in Italia nel 1991, a Casalpusterlengo dove vivo tuttora. Avevo 6 anni, ricordo che la maestra Maddalena Zavaglia, nel pomeriggio, mi dava lezioni di italiano: le sarò grato per sempre. Se a giugno di quell’anno non mi avesse difeso, credendo in me, gli altri maestri mi avrebbero bocciato». Ha sempre voluto studiare: dopo le medie ha frequentato il liceo scientifico sognando di diventare avvocato. «Guardando “Un giorno in Pretura” mi sono appassionato all’attività forense. L’avvocato è colui che, a partire da un problema concreto, trova una soluzione altrettanto concreta: volevo questo».

E desiderava studiare all’Università Cattolica, pur essendo musulmano. «Per pagarmi la retta ho raccolto pomodori nell’estate del 2004. Poi ho sempre vinto borse di studio». Quel 14 dicembre, il giorno del giuramento, lo conserverà nel cuore, insieme alla foto che lo ritrae insieme ai suoi genitori. «Loro si sono chiesti: cosa possiamo fare per aiutare i nostri figli? Farli studiare. E così hanno fatto, con sacrifici enormi. Mio papà facendo il camionista e mia madre la baby sitter». Mbodj ha due fratelli più piccoli: una sorella ingegnere civile, «che lavora per il cantiere M4», e un fratello perito agrario. Ma non pensa solo al lavoro: dua anni fa ha fondato AABA onlus, grazie alla quale riesce ad aiutare l’ospedale, l’anagrafe e la scuola elementare di Dakar, fornendo materiali utili. «E adesso, grazie al Cipmo (Centro italiano per la pace nel Medioriente), stiamo sviluppando un progetto pilota coivolgendo le comunità senegalesi di Zingonia e Pontevico. Vogliamo creare una rete tra immigrati “vecchi” e “nuovi” ma anche un ponte tra l’Italia e i Paesi d’origine». Ora ha un altro sogno ambizioso: «Diventare deputato componente della commissione Giustizia alla Camera».

marianna.vazzana@ilgiorno.net

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