Malika Ayane: "Io, il tour e il musical. Sono in una centrifuga"

Malika Ayane ha scelto il palasport di Crema dove dà gli ultimi ritocchi al suo Naïf En Plein Air Tour 2016

Malika Ayane (Barbaglia)

Malika Ayane (Barbaglia)

Crema, 26 giugno 2016 - Il cielo in una stanza . Anzi, in un palasport. Per allestire lo spettacolo con cui quest’estate intende raccontarsi nei luoghi d’arte, Malika Ayane ha scelto il palasport di Crema dove, nell’attesa del debutto di questa sera in Piazza Treno e Trieste, dà gli ultimi ritocchi al suo Naïf En Plein Air Tour 2016 su un palco che definisce “alla Lars von Trier” col pensiero alla claustrofobia di un film come “Dogville” e all’idea di comprimere in uno spazio chiuso quella produzione concepita per piazze e anfiteatri.

Malika, cosa cambia rispetto a quanto ascoltato nei teatri?

«Ho allargato la formazione con l’aggiunta di Daniele Parziani al violino. Stavolta punto su un concerto puro, alla Paolo Conte tanto per intenderci, in cui partire dall’impostazione di quelli nei teatri per riprendere le visioni di quelli nei club. Tutto nel tentativo di dare vita ad un ibrido così com’è il disco, che mescola strumenti tradizionali e suoni industriali».

Sorprese?

«Nella scelta delle canzoni non riesco a rinunciare al meccanismo del sorteggio. Così se nel tour precedente c’era la ruota della fortuna, in questo mi sono inventata una cosa chiamata “Sanremeide” che consiste nel mettere in una boccia per pesci rossi i titoli dei cinque brani che ho cantato all’Ariston e procedere all’estrazione».

“Blu” è il suo singolo per l’estate.

«Sarebbe dovuto uscire prima, ma non riuscivamo a togliere i primi tre estratti dell’album “Naïf’”dalle radio e quindi siamo stati felicissimi di aspettare. Basta pensare che il video era pronto già dall’anno scorso».

Il video ricorda un po’ quello de “Gli angeli” di Vasco Rossi.

«L’abbiamo girato ai tempi della mia partecipazione a “Donne ad alta quota”, la cerimonia di consegna dei premi della Fondazione Marisa Bellisario dedicata lo scorso anno ad AstroSamantha. L’idea degli elementi spaziali, a cominciare dalla mia tutina argentata, è nata lì. Il resto è frutto della casualità, anche se di alto livello visto che quel video di Vasco è firmato da Roman Polanski».

Con che animo parte da Crema per questo nuovo giro di concerti?

«I “compiti” dell’ultimo album “Naïf” li ho fatti nei tour precedenti. E penso di averli fatti bene. Non devo dimostrare nulla a nessuno. E quindi in questo show me la voglio solo godere assieme al pubblico».

Perché mai, allora, si definisce una “diva disperata”?

«Perché al momento mi trovo sospesa tra la fine di un’avventura, il disco, e l’inizio di un’altra, il musical di “Evita”, così il mio stato d’animo assomiglia al cestello di una centrifuga».

A settembre inizia il lavoro su “Evita”, nell’attesa al debutto a Milano del 9 novembre.

«Sto già prendendo lezioni di canto e, per calarmi nel personaggio, ho iniziato a leggere libri e interviste che la riguardano. Più vado avanti e più mi rendo conto che, nel bene e nel male, che Evita Perón era una donna tosta. Insomma, mi sono cacciata di nuovo nei guai».

Dopo la “Revolución Libertadora” che nel ’55 depose Juan Domingo Perón, la salma di Evita fu traslata in gran segreto al Maggiore di Milano con il nome di Maria Maggi de Magistris per evitare che la tomba diventasse luogo di culto così come avvenuto poi dal ’76, quando il feretro fu riportato a Buenos Aires. Lo sapeva?

«No, ma questo significa che la sua storia è legata a doppio filo con l’Italia. La forza, la femminilità e il sacro fuoco che le ardeva dentro, me la fanno apparire come una specie di Giovanna d’Arco; un’eroina che puoi amare o odiare, ma davanti a cui non puoi rimanere indifferente. L’attaccamento popolare sta proprio qui».