"Gestiva decine di lucciole africane a Lodi e in Lombardia". La sfruttatrice è donna: arrestata

Accusata anche di traffico di esseri umani. Indagini sui complici

Una donna aspetta i clienti in pieno giorno (Cavalleri)

Una donna aspetta i clienti in pieno giorno (Cavalleri)

Lodi, 3 ottobre 2015 - Sgominato racket della prostituzione nel Lodigiano. Una nigeriana di 30 anni è finita in manette mercoledì sera in seguito alle indagini condotte dalla Dda di Milano. La donna è accusata di traffico di essere umani e sfruttamento della prostituzione. Ieri mattina è stata interrogata dal gip di Lodi Alessandra Del Corvo durante l’udienza di convalida. Dopo essere stata scortata dalla polizia penitenziaria dal carcere milanese di San Vittore al quarto piano del tribunale di Lodi, l’imputata davanti al giudice si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Ora gli atti del fascicolo sono stati trasferiti direttamente a Milano, dove si svolgerà anche la fase processuale.

Sul caso continua il lavoro degli inquirenti tra le procure di Milano e Lodi. Secondo le prime ricostruzioni, la nigeriana residente in pieno centro a Lodi, sarebbe a capo di una vera e propria organizzazione criminale capace di gestire, nel territorio lodigiano e non solo, diverse decine di ragazze provenienti soprattutto dai Paesi africani. Giovani donne che dopo essere state reclutate, per la maggior parte in Nigeria, venivano costrette a prostituirsi direttamente sulle strade provinciali della Lombardia. Sulla vicenda sono ancora a lavoro le forze dell’ordine.

Per questo tra i corridoi della procura di Lodi vige ancora il massimo riserbo sul ruolo della donna nell’organizzazione, che sembrerebbe essere tutta al femminile, e sull’esistenza di altri complici che potessero essere in affari con la nigeriana. Da valutare anche la possibilità che nell’ambito dell’attività criminale, impegnata nella tratta delle prostitute, ci fosse un traffico di documenti necessari a espatriare e rimanere in Europa. Tutto per ottenere in cambio, da ognuna, il denaro. Somme che nessuna avrebbe potuto avere nell’immediatezza e quindi si sarebbe dovuta guadagnare vendendo il proprio corpo. Il resto delle indagini è tutt’ora in mano alla Dda di Milano, al procuratore capo di Lodi Vincenzo Russo e al sostituto procuratore Nicola De Caria.