Niente scarcerazione per Mirko Rosa, confermata la custodia cautelare

Il titolare dei compro oro è in cella a Busto Arsizio da mercoledì. e accuse di cui deve rispondere sono per il momento quelle di maltrattamenti e lesioni fisiche. Per il momento di Ivan Albarelli

Mirko Rosa

Mirko Rosa

Rescaldina, 20 luglio 2014 - Mirko Rosa resta in carcere. Per una decina di giorni o poco meno, fino a quando cioè il tribunale del Riesame prenderà in considerazione la richiesta di messa in libertà avanzata dalla difesa. È questo quanto è stato deciso ieri dalla Procura della Repubblica di Busto Arsizio, che ha convalidato il fermo del titolare quarantenne degli omonimi compro oro finito dietro le sbarre da mercoledì. Le accuse di cui deve rispondere sono per il momento quelle di maltrattamenti e lesioni fisiche. Per il momento.

Sì, perché attorno a quanto accaduto nella notte fra martedì e mercoledì — con le botte prese dalla compagna ventiduenne, una bimba di undici mesi ignara testimone e la morte di un gatto — si sta consumando una faida famigliare, fra Rosa e i genitori della ragazza, senza esclusione di colpi e di nuove sorprese. Faida che ad oggi vede soprattutto protagonisti i legali dell’uno e dell’altra, impegnati a fornire una ricostruzione di quanto accaduto nel lussuoso attico rescaldinese basata in primo luogo sulle testimonianze dei propri assistiti. Già, perché cosa sia successo quella notte nell’appartamento è in parte chiaro — la lite certamente fra i due, il micio che fa una brutta fine, l’arrivo del padre della ragazza, Giacomo De Luca, il coinvolgimento dei carabinieri di Castellanza — ma quali siano state le cause scatenanti la “cavalleria rusticana” sarà l’arduo compito affidato al giudice. Alterco nato per un equivoco, secondo i legali di Rosa (che oltre al legnanese Stefano Colombetti si è ora affidato agli avvocati Guglielmo Gulotta e Carlo Sergio Soldani): Mirko cerca di difendere la compagna e la bimba dal gatto che si è inferocito, viene morsicato in profondità a un dito dal felino e nella concitazione del momento colpisce involontariamente la donna. Tesi smentita in modo plateale dagli avvocati della giovane: «Gli ematomi che ha sul volto sono incompatibili con un colpo fortuito. Un soggetto che ha tatuata sul braccio la frase “Dio sono io” credo si commenti da solo», raccontano Luigi Cacciapuoti e Alessandro Mercurio. 

I legali  di Rosa puntano per contro sulla ricostruzione dei fatti a loro avviso eccessivamente fantasiosa da parte della vittima («pare che sostenga di essere stata rapita in passato dagli alieni e di esserne ancora oggi molestata, soprattutto di notte»). Cacciapuoti e Mercurio si affidano alla sua deposizione: «Ha affermato di essere stata obbligata da Rosa a bere nella scodella del gatto. E poi costretta a un rapporto sessuale non voluto». Insomma: una sfida aperta nel corso della quale entrerà prima o poi in gioco anche l’affidamento della piccola. La difesa dell’ex convivente è intenzionata a contestare la capacità genitoriale di Rosa. Che intanto, prima di andare in carcere, ha chiuso a chiave l’appartamento. La mamma ha dovuto così fare armi e bagagli, prendere biberon e pannolini e tornarsene a casa dai genitori a Cerro.

di Ivan Albarelli