Liz Taylor e le sue perle alla Prima della Scala: dive e mondanità d’antan

“Come eravamo” nella raccolta del Poldi Pezzoli

DA HOLLYWOOD In alto Richard Burton  e Liz Taylor fra Emanuela Castelbarco (a sinistra) e Wally Toscanini; a fianco la parure Pederzani e l’allestimento della mostra al Poldi Pezzoli

DA HOLLYWOOD In alto Richard Burton e Liz Taylor fra Emanuela Castelbarco (a sinistra) e Wally Toscanini; a fianco la parure Pederzani e l’allestimento della mostra al Poldi Pezzoli

Milano, 4 dicembre 2016 - Le prime della Scala, anticipate dal 26 al 7 dicembre nel 1951, diventano leggendarie. Dopo gli anni bui della Seconda guerra mondiale, occasione per il bel mondo milanese di un incomparabile sfoggio di toilettes, e di gioielli coordinati. Arriverà poi la contestazione del Sessantotto, Mario Capanna e i ragazzi del Movimento studentesco, ad accogliere il pubblico con lancio di uova, a fare scempio di pellicce e smoking, e a far richiudere le parures nei caveaux. Da cui riemergeranno negli anni Settanta.

Oggi, le dame meneghine ritengono bon ton semmai assistere alla diretta in video al carcere di san Vittore. Pertanto, nella mostra al Museo Poldi Pezzoli interamente dedicata a “Il Gioiello Italiano del XX secolo” (fino al 20 marzo 2017), la speciale sezione “Teatro alla Scala” vale come un’ineffabile recherche du temps perdu. Storia senza censure. Già osservando tutti i 150 pezzi, nelle 27 vetrine, il piacere del lusso imprime all’occhio le più pazze oscillazioni del desiderio. E al cuore i sentimenti più contradditori. Ma è nel rimirare gli esemplari selezionati nella vetrina 25, racconto della sfavillante notte di Sant’Ambrogio, con i ritratti delle star fotografate nel foyer, che fatalmente scatta la più feroce invidia: per ciò che Liz Taylor esibiva nel ‘72, non tanto il marito Richard Burton, quanto la cascata di perle al collo.

Innocentissima, peraltro, l’ammirazione per gli artefici di tanta incorruttibile bellezza. Con il suggerimento di andare a scoprirli tutti nella perlustrazione tracciata dalla curatrice Melissa Gabardi, ecco i nomi degli orafi creatori dei monili entrati a loro volta negli annali della leggenda scaligera. Chiaravalli, oltre che in calici e ornamenti sacri esportati in tutto il mondo, specializzato in gioielleria per la borghesia e l’alta società milanese: vedere la sua collana in oro bianco, diamanti e smeraldi, nella collezione di Anita Bracco. Un esempio di come negli anni Sessanta-Settanta, tra le tendenze, si sviluppa anche una rivisitazione degli stili del passato, in questo caso, gli accostamenti di colore del decennio Quaranta. La firma è tuttora gestita dalla famiglia, con l’evolversi dell’ultima generazione verso il design. Nel 1985 invece ha chiuso la ditta Mangili Eliseo, fondata da un ragazzo che nella bottega del grande Alfredo Ravasco all’inizio del Novecento aveva imparato il mestiere, e poi avrebbe esposto i suoi lavori alle mostre parigine. A documentare questa vicenda di creatività ambrosiana, un bracciale anni Cinquanta. E ancora collana, orecchini e anello in oro bianco, diamanti e perle, di Pederzani, e un’altra collana in oro giallo, oro bianco, diamanti, rubini di Gianmaria Buccellati, citazioni entrambe degli anni Ottanta, e di passioni, intuizioni, combinazioni, sviluppate a Milano, che hanno segnato e continuano a segnare il mondo del gioiello.