Dario Fo: Darwin, genio del dubbio e della meraviglia

Il premio Nobel ha presentato il suo nuovo libro "Darwin. Ma siamo scimmie da parte di madre o di padre"

Dario Fo con il libro dedicato a Darwin in uscita per Chiarelettere

Dario Fo con il libro dedicato a Darwin in uscita per Chiarelettere

Milano, 21 settembre 2016 - «Da dove veniamo e perché? Mi sono fatto questa domanda e ho deciso di scrivere» dice Dario Fo presentando il suo nuovo libro “Darwin. Ma siamo scimmie da parte di madre o di padre” (Chiarelettere pp.119, 15 euro). Nel soggiorno luminoso della sua casa, in Porta Romana, fra maschere della commedia dell’arte e della tradizione africana, fra disegni e dipinti realizzati da lui stesso, il premio Nobel racconta la sua nuova avventura: «Col passare del tempo scopri che non è vero che siamo nati nell’Eufrate, né tantomeno che eravamo tutti bianchi. Noi siamo nati milioni di anni fa nel centro dell’Africa ed eravamo neri come lo erano Adamo ed Eva. E soprattutto è nero Iddio che ha creato questi due umani». Allarga le braccia e intona un’antica canzone napoletana “Eh niro, niro, niro!”.

Il sottotitolo chiede: siamo scimmie da parte di madre o di padre? Lei si è già dato una risposta?

«Non ne ho bisogno. Il gioco di parole mi serviva per satireggiare, sfottere, mettere in imbarazzo. Volete una risposta? Siamo scimmie da parte di madre, di padre e anche di un cugino che passava di lì».

In un libro precedente dialogava con Dio, adesso scrive su Darwin e sulla sua idea di evoluzione dell’uomo senza aiuto divino. Come fa a conciliare tesi opposte?

«Infatti non lo faccio. Un esempio, ho visto più volte in televisione un documentario girato negli abissi marini in cui si vede una massa di pesci molto piccoli che nuota tranquillamente, poi, all’improvviso, a un segnale particolare, si mette in agitazione: sta arrivando un pesce enorme, di una voracità incredibile e migliaia di pesciolini rischiano di essere sbranati. Ma di colpo ecco il miracolo. Tutti questi piccoli esseri si mettono in ordine fino a costruire l’immagine di un pesce imponente, più grande di quello che li sta attaccando. Senza scontri, precisi come una macchina, agiscono e il vero pesce fugge davanti alla finzione. Nascono già con una memoria, sanno come muoversi. Darwin con la sua teoria prevede quello che accadrà».

Negli ultimi anni ha raccontato la storia dell’arte e i suoi protagonisti, adesso ci parla di animali.

«Darwin mi ha aiutato a scoprire e riscoprire il mondo animale. Jacopo, mio figlio, in Umbria allevava cavalli con il metodo degli indiani, parlava loro, gesticolava, giocava. Ricordo la visita di un professore, più di 40 anni fa, che voleva utilizzare questi animali per la pet-terapia, i cavalli aiutavano bambini in difficoltà. Ho visto questi quadrupedi intuire il disagio dei piccoli allievi, far loro festa, iniziare un dialogo con loro. Il mistero del Creato è più vasto e insondabile di quel che pensiamo».

Dobbiamo sempre credere alla scienza?

«Darwin non si è preoccupato, nella sua teoria, di lasciare regole o di scrivere un plafond da seguire o dentro il quale rimanere in assoluto. La sua forza è sempre stata il dubbio, il fatto di non essere sicuro, il tentare di provare l’esattezza delle sue intuizioni. È morto continuando a fare ricerche anche in campi imprevedibili; negli ultimi tempi si era messo a studiare il comportamento di alcuni fiori che catturano gli insetti, li ingessano per tenerli bloccati e divorarli. Tutto questo da dove viene? Io sono sempre perennemente stupito, scrivendo questo libro mi sono accorto di quanto sia ignorante in alcuni campi».

Secondo lei, la mancanza di consapevolezza della propria ignoranza è un problema dei nostri giorni?

«Certo. Ormai l’ignoranza viene rovesciata ovunque, a tonnellate. Si è aperto il vaso di Pandora».