Una pietra d’inciampo per Clara L’omaggio alla vittima della Shoah

Così Gallarate ricorda la maestra Pirani deportata ad Auschwitz e uccisa in una camera a gas

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di Rosella Formenti

"Il mio pensiero sarà sempre con voi, vi stringo al cuore e vi bacio tanto tanto, Clara". Sono le ultime parole scritte da Clara Pirani al marito e alle figlie, prima di partire, destinazione il campo di sterminio di Auschwitz, da cui non farà ritorno. Ieri con una toccante cerimonia Clara Pirani è stata ricordata a Gallarate: in via Palestro, in corrispondenza dell’abitazione in cui era vissuta con la famiglia, è stata posata una "pietra d’inciampo" , iniziativa promossa dalle sezioni gallaratesi dell’Associazione Mazziniana Italiana e dell’Anpi. Presenti gli assessori Claudia Mazzetti e Corrado Canziani, alcuni consiglieri comunali, Michele Rusca, presidente dell’Associazione Mazziniana, che ha ricordato la tragica vicenda,Michele Mascella, presidente dell’Anpi, Leonardo Visco Gilardi, presidente dell’Aned di Milano. E’ la seconda pietra a Gallarate dopo quella in via Mameli dedicata a Vittorio Arconti,sindacalista, operaio e militante comunista deportato dai tedeschi a Mauthausen e assassinato a Güsen. Una terza pietra sarà posata a settembre in ricordo di Lotte Froehlich Mazzucchelli, uccisa a Meina. Ieri la cerimonia per Clara Pirani, maestra elementare, moglie di Franco Cardosi, preside del Liceo ginnasio cittadino e mamma, all’epoca del suo arresto, di tre bambine. Schedata come ebrea con le Leggi razziali fasciste nel 1938, è "attentamente vigilata": dopo la caduta di Mussolini il governo Badoglio non ha cancellato quelle leggi mentre la Repubblica di Salò subito nel novembre 1943 decreta l’arresto di tutti gli ebrei e la confisca dei loro beni. E’ segnato anche il destino dell’insegnante gallaratese: Clara Pirani viene arrestata il 12 maggio 1944 nella sua abitazione, per iniziativa del commissario di polizia e su disposizione del Questore di Varese della Repubblica Sociale Italiana. Richiusa nel carcere di San Vittore a Milano fino all’8 giugno, riuscì a mantenere i contatti con la sua famiglia grazie ad un agente di custodia, Andrea Schivo (che fu scoperto pochi giorni dopo dai nazisti e deportato a Flossenbürg, dove morì). Trasferita nel campo di Fossoli, viene quindi deportata ad Auschwitz, uccisa in una camera a gas il 6 agosto 1944, al suo arrivo al campo di sterminio. Scrisse nell’ultima lettera al marito e alle figlie:"Partiamo questa notte per destinazione ignota, si dice con insistenza per la Germania, la soluzione è la più inattesa e la più triste, non credevo che dopo aver tanto sofferto ci attendesse un destino così doloroso. Non temete per me, sono forte e Dio mi aiuterà, pregate anche voi per la mia sorte e state per quello che è possibile sereni. Il mio pensiero sarà sempre con voi". Le tre figlie hanno dedicato la loro vita alla memoria della loro mamma, da ieri a Gallarate una pietra d’inciampo la ricorda per sempre.