ROSELLA FORMENTI
Cronaca

Spaccio ed estorsioni, il blitz e 19 arrestati

“Operazione Nerone“ di carabinieri e Antimafia: smantellata la rete criminale napoletano-calabrese gestita da Giuseppe Tarcisio

di Rosella Formenti

Sono diciannove le persone che sono state iscritte nel registro degli indagati con accuse a vario titolo per associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso, estorsione e spaccio di droga dalla Dda di Milano – la Direzione distrettuale antimafia – a seguito di un’inchiesta coordinata inizialmente dalla Procura di Varese. Gli indagati sarebbero appartenenti a due reti criminali, non in contrasto tra loro e dedite a due filoni di reati principali, lo spaccio di cocaina nei locali e le estorsioni, reti rispettivamente vicine a clan criminali napoletani e calabresi. L’Alto Varesotto dunque al centro degli "affari" dei clan con lo spaccio e le estorsioni. Le indagini sono state avviate nel 2017 a seguito di diversi incendi di auto, in Valmarchirolo, chiaramente dolosi e quindi episodi da approfondire, il sospetto che fossero a scopo di estorsione.

Gli inquirenti, i carabinieri del comando provinciale di Varese, misero allora in campo intercettazioni telefoniche e ambientali. Dall’attività investigativa nell’ambito dell’indagine "Nerone" emergeva uno scenario nel quale si rilevavano contatti con la criminalità organizzata: al vertice della rete criminale c’era Giuseppe Torcasio (alias "zio Pino"), legato a Vincenzo Torcasio, condannato nel 2017 per associazione a delinquere di stampo mafioso e ritenuto vicino alla cosca Giampà.

Le indagini sono passate quindi alla Dda di Milano, nei giorni scorsi a conclusione dell’attività il pm Alessandra Cerreti ha iscritto 19 persone nel registro degli indagati, 28 i capi d’imputazione. Dunque due filoni di reati nei quali le reti criminali individuate dagli investigatori non erano in contrasto nei loro "affari" nell’Alto Varesotto.

Secondo quanto emerso nell’inchiesta lo spaccio di droga avveniva all’interno di eleganti locali, alcuni sul lago Maggiore, acquistata da clienti facoltosi che non mancavano nelle località turistiche. Ma gli indagati erano dediti anche alle estorsioni, prestavano soldi con tanto di interessi recuperati a suon di aggressioni fisiche e atti intimidatori, che venivano messi in atto "avvalendosi della forza intimidatrice derivante dalla suggestione di un vincolo associativo e delle condizioni di assoggettamento ed omertà che ne derivano, in ragione della peculiarità delle richieste che esprimono tecniche collaudate tipiche del controllo del territorio", come si legge nelle carte giudiziarie. Tecniche che venivano utilizzate anche per farsi sistemare alcune pratiche edilizie. Per i 19 indagati l’autorità giudiziaria si prepara a chiedere il rinvio a giudizio.