Saronno, la ricetta dell’Angelo della morte: "Si sceglieva i pazienti da trattare"

Le morti sospette in ospedale: il "Protocollo Cazzaniga" veniva somministrato ad anziani in condizioni fragili

L'arresto di Leonardo Cazzaniga

L'arresto di Leonardo Cazzaniga

Saronno (Varese), 30 novembre 2016 - Morfina, Propofol, Midazolam. Potenti sedativi, combinati in un cocktail dalla concentrazione letale, capaci di indurre il sonno eterno ai pazienti. È questa, secondo la Procura di Busto Arsizio, la ricetta del "Protocollo Cazzaniga", che sarebbe stato utilizzato dal medico anestesista arrestato con l’accusa di aver ucciso almeno quattro persone in pronto soccorso a Saronno.

Erano anziani, tre uomini e una donna, i pazienti morti qualche ora dopo essere passati sotto le mani del dottor Leonardo Cazzaniga tra il febbraio 2012 e l'aprile 2013. Parkinson, cancro, un femore rotto: queste le patologie che affliggevano i deceduti, arrivati all’ospedale spesso incapaci di rappresentare il loro malessere e, secondo i carabinieri di Saronno, finiti nelle mani del sedicente "Angelo della morte" senza potersi rendere conto di quanto stesse loro accadendo. A quanto rilevato dagli investigatori "era lo stesso Cazzaniga ad indicare in alcuni casi a voce alta su quale dei pazienti arrivati in Pronto soccorso andasse applicato il protocollo che portava il suo nome", tra lo sgomento degli infermieri, testimonianza del clima che si respirava in reparto quando era l’anestesista ad intervenire.

La prima presunta vittima del medico era un 69enne malato di cancro e cardiopatico. Secondo la ricostruzione delle sue ultime settimane, durante le quali si muoveva in autonomia e non necessitava di cure palliative a domicilio, la malattia era peggiorata. Ma la mattina dell’arrivo in Pronto soccorso, seppure con difficoltà respiratorie "non era in imminente pericolo di vita", come si legge nei verbali degli inquirenti, tanto da ricevere in triage un "codice verde".

Sempre dagli atti degli investigatori si scopre che allora Cazzaniga scrisse "nel verbale di pronto soccorso la frase inusuale 'massima aspettativa di vita: una settimana'". Successivamente al suo accesso in pronto soccorso, sempre stando alle carte, l’uomo è stato trattato con il "Protocollo Cazzaniga" direttamente dal medico. Uno degli infermieri presenti in ospedale, si sarebbe rifiutato di somministrare la terapia decisa dal dottore, che ha firmato personalmente il verbale quando di norma il compito spetterebbe all’infermiere di turno. Venti minuti dopo la somministrazione del cocktail di farmaci deciso dall’anestesista, il 69enne è deceduto.

Le indagini dei carabinieri, avallate dalla consulenza tecnica di una commissione medica nominata dalla Procura di Busto Arsizio, hanno evidenziato come nel caso "ciò che appare alquanto anomalo è il sovradosaggio di tutti i farmaci somministrati in Pronto soccorso rispetto al peso del paziente, oltre il doppio di quanto consigliato per un’anestesia generale. La cronologia degli eventi successivi è indicativa di una stretta correlazione eziologica tra la somministrazione di farmaci e il decesso". Trafile simili sono state seguite dagli altri tre pazienti la cui morte è stata attribuita al vice primario.