Strage di Samarate, Alessandro Maja in aula davanti ai parenti: "Ha fatto finta di niente"

Iniziato e subito rinviato il processo al geometra che che massacrò moglie e figlia e ferì gravemente il figlio. I parenti delle vittime: "Vogliamo sapere il perché"

Samarate (Varese) - Sono passati 8 mesi da quel tragico 4 maggio in cui distrusse la propria famiglia, uccidendo con una furia insospettabile la moglie e la figlia e tentando, senza riuscirci, di finire anche il figlio. Ieri mattina per Alessandro Maja, geometra con studio a Milano, è iniziato è iniziato il processo in cui dovrà rispondere del massacro perpetrato nella villetta di famiglia a Samarate, nel Varesotto.

Nell’aula Falcone e Borsellino del Tribunale di Busto Arsizio erano presenti il padre e il fratello di Stefania Pivetta, la moglie massacrata insieme alla figlia Giulia. Maja, imputato per strage, omicidio e lesioni gravissime, è apparso dimesso, lento e assente con lo sguardo basso, un uomo totalmente diverso dalle foto che circolarono all’indomani del duplice omicidio.

In aula Maja non ha mai incrociato gli occhi dei parenti e delle amiche della moglie, presenti all’udienza: "Alcune di noi avevano visto Stefania il giorno prima del massacro - hanno raccontato prima di entrare in tribunale - Ci aveva detto di aver avuto una giornata difficile, ma non era in crisi con il marito. Erano una famiglia normale. Non riusciamo a capire perché ce l’abbia portata via".

Nessun faccia a faccia invece con l’unico sopravvissuto alla strage, il figlio Nicolò, 24 anni, vivo per miracolo dopo aver lottato mesi fra la vita e morte, rimasto a casa e al quale il padre dal carcere ha scritto numerose lettere. "Non mi ha neppure guardato in faccia ma avevo tante cose da dirgli, a mio genero", si è invece sfogato Giulio Pivetta, padre di Stefania, nonno di Giulia e Nicolò.

Presente anche Mirko Pivetta, il cognato del killer, fratello di Stefania, che ha spiegato ai giornalisti: "Sarà difficile che parli visto che non ci ha rivolto neppure uno sguardo. Ha guardato in giro, ma faceva finta di niente. Mi ha fatto un effetto davvero strano vederlo in aula. Noi dal processo vogliamo sapere il perché sia arrivato a fare una cosa del genere. Ci sono mille modi, ma una cosa del genere proprio no. Nicolò? Quando siamo usciti di casa al mattino lui dormiva e lo abbiamo lasciato tranquillo anche se avrebbe voluto venire in Tribunale. Ma è meglio lasciarlo tranquillo per il momento. Ci saranno tempi e modi, perché ad ogni modo dovrà venire a testimoniare e in quell’occasione dovrà rivedere suo padre. Adesso gli lasciamo il suo tempo".

Il processo è stato immediatamente rinviato alla prossima udienza a causa della scomparsa dell’avvocato Manuel Gabrielli, legale di Maja. Si tornerà in aula il 27 gennaio. Una strage, quella di Samarate, che aveva colpito nel profondo tutta la zona del Bustocco e dell’Altomilanese, dove il senso di comunità è ancora molto forte.

Lo scorso novembre, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, l’associazione “Anemos”, in collaborazione con il Comune di Cremenaga, aveva deciso di ricordare mamma Stefania e la figlia Giulia, inaugurando una panchina rossa, posizionandola in un prato frequentato da genitori e figli, nei pressi del municipio. Una cerimonia alla quale aveva partecipato proprio Nicolò, accompagnato dai nonni.