Retata nei boschi della droga Fermati dodici pusher

Undici maghrebini irregolari e senza fissa dimora e un italiano gestivano un fiorente business degli stupefacenti che riforniva clienti in arrivo dal Ticino

di Lorenzo Crespi

Negli ultimi giorni di maggio la Polizia di Luino ha dato esecuzione a 17 ordinanze di custodia cautelare emesse dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Varese a carico di altrettante persone, ritenute responsabili di aver commesso reati in materia di stupefacenti. In seguito all’attività investigativa eseguita dagli agenti della Polizia di Frontiera, al confine italo-svizzero, sono finiti in carcere in dodici: un cittadino italiano di 35 anni e undici marocchini tra i 23 e i 30 anni, tutti privi di permesso di soggiorno in Italia.

Altri cinque, tutti italiani tra cui una donna, residenti nel Luinese e di età comprese tra i 25 e i 48 anni, sono stati invece sottoposti all’obbligo di dimora nei rispettivi Comuni. Le indagini, coordinate dalla Procura di Varese, si sono svolte attraverso servizi di osservazione e pedinamento e si sono avvalse anche di intercettazioni telefoniche. È stato così possibile bloccare un gruppo di spacciatori attivi nell’Alto Varesotto ed in particolare nei comuni di Valganna, Marzio, Cugliate Fabiasco, Marchirolo e Montegrino Valtravaglia.

Gli indagati gestivano lo spaccio di stupefacenti nelle aree boschive delle valli, smerciando ingenti quantità di varie sostanze, tra cui prevalentemente cocaina, eroina ed hashish. I consumatori erano della zona ma anche provenienti dalla vicina Svizzera. Le indagini hanno evidenziato come gli spacciatori si posizionassero in punti difficilmente individuabili nella boscaglia oppure in zone impervie o con molteplici vie di fuga, dove all’occorrenza, realizzando dei bivacchi con mezzi di fortuna, potevano trascorrere molte ore e a volte persino pernottare. Da queste "basi" si spostavano poi per soddisfare le richieste dei consumatori, dopo aver pattuito quantità e prezzi attraverso rapidi e criptici contatti telefonici.

Le altrettanto veloci cessioni di droga avvenivano prevalentemente lungo le strade delle valli presso punti convenzionalmente riconoscibili e le cui denominazioni ("al cancello", "alla rete verde", "alla sbarra di legno" e simili) erano divenute ormai famose tra i consumatori. Luoghi che potevano comodamente raggiungere direttamente in auto o al massimo camminando per poche decine di metri. Per sviare gli interventi degli agenti gli indagati si spostavano più volte nell’arco della giornata, anche all’improvviso, da un punto di spaccio all’altro.

Le cinque persone sottoposte all’obbligo di dimora avevano invece il ruolo di supportare attivamente gli spacciatori, ad esempio trasportandoli con le proprie auto e rifornendoli di cibo mentre erano intenti a spacciare, un’attività "d’assistenza" a cui si aggiungeva quella di "pali" per avvertirli della presenza dei poliziotti.