Presi i detenuti in fuga dopo 4 giorni di ricerche

È terminata nella serata di ieri la caccia a Roberto Nardello e Anthony Ragona. Avevano dato appuntamento a un familiare vicino al cimitero di Induno

di Rosella Formenti

È finita dopo meno di 72 ore la fuga di Anthony Ragona e Roberto Nardello, i due detenuti che erano riusciti a fuggire dal carcere di Varese calandosi con le lenzuola dal muro perimetrale il giorno di San Valentino. Li hanno rintracciati e bloccati nei pressi del cimitero di Induno Olona, alle nove e mezza circa di ieri sera. Sono stati arrestati dagli uomini del Nucleo investigativo regionale lombardo della Polizia penitenziaria coadiuvati da personale del reparto del carcere varesino. Determinante per la riuscita dell’operazione il contributo dei carabinieri di Varese e di Arcisate.

I due – Ragona, 35 anni originario di Barlassina (in Brianza) e Nardello, 50, di Arcisate – erano al lavoro nella ciclofficina all’interno del carcere dei Miogni, lunedì, assieme ad altri sei detenuti. A sorvegliarli nel laboratorio non c’era un agente di Polizia Penitenziaria ma il responsabile civile dell’officina per riparare biciclette, un esterno. Al primo controllo delle presenze Ragona e Nardello erano ancora lì. Alle 16,25 è stato lanciato l’allarme dal sorvegliante. La coppia però era già sparita, forse c’era un complice ad attendere i due evasi per aiutarli. Quattro giorni di caccia all’uomo non solo nel Varesotto, ma nel resto della Lombardia e a ridosso del confine con la Svizzera, nel timore che i due potessero raggiungere il Canton Ticino. Ieri sera, il blitz di Polizia penitenziaria e carabinieri che ha messo la parola fine a una vicenda che aveva scatenato una bufera sul carcere varesino per le carenze strutturali e di sicurezza mai risolte dopo anni di sollecitazioni e denunce. A portare le forze dell’ordine sulle tracce dei due pregiudicati è stato, senza saperlo, il padre di Ragona. Al quale il figlio aveva dato "appuntamento" nei pressi del camposanto. Erano a piedi. Il genitore li avrebbe dovuti prelevare in macchina. Una leggerezza, quella telefonata, che si è rivelata provvidenziale.

Le condizioni del carcere dei Miogni sono così finite di nuovo sotto i riflettori. Deficit strutturali, sistemi d’allarme fuori uso. Uno stato delle cose impensabile per un penitenziario. Al punto da provocare una serie di reazioni politiche a catena. Per Maria Gadda, parlamentare di Italia Viva, che già in passato si era occupata della casa circondariale varesina, contraria a una nuova struttura, "bisogna riqualificare, considerando che si tratta di interventi molto fattibili economicamente".

Un primo lotto di lavori (costati 50mila euro) era stato realizzato nel 2017, poi il progetto si è fermato. Per Gadda va "ripreso e concluso". Un’interrogazione al ministro della Giustizia Marta Cartabia ha presentato invece ieri il deputato leghista varesino Matteo Bianchi. "L’edificio è stato realizzato nel 1893, la struttura è vetusta e presenta numerose problematiche sotto il profilo della sicurezza; in particolare, alcune videocamere esterne non risultano funzionanti, mentre i cancelli sui piani hanno serrature inidonee. Il ministro chiarisca se intende assumere iniziative per la costruzione di una nuova struttura penitenziaria".