
Laura Taroni
Milano, 9 febbraio 2021 - Una personalità con turbe psichiche, fragile, dipendente, non una fredda assassina che ha lucidamente programmato di eliminare il marito Massimo Guerra e alla madre Maria Rita Clerici con farmaci che si sono tramutati in veleno. La difesa di Laura Taroni va all’attacco della richiesta dell’accusa di confermare la condanna a trent’anni di reclusione uscita in primo grado, quando il rito abbreviato aveva evitato l’ergastolo all’ex infermiera di Lomazzo. La perizia che la Corte d’Assise d’appello ha affidato allo psichiatra forense Franco Freilone riconosce nella donna disturbi della personalità di tipo isterico, che non hanno influito sulle sue facoltà mentali. Una base, per quanto ristretta, per la difesa alla quale il responso del perito non può bastare.
«Il disturbo – dice l’avvocato Monica Alberti – ha inciso sulla capacità di autodeterminarsi. Laura Taroni è una donna totalmente fragile, che vive con difficoltà la vita coniugale. Ha sposato Massimo Guerra non perché lo amava ma per sfuggire a una realtà bigotta, oppressiva: il mondo della madre. In un momento di profonda difficoltà incontra Cazzaniga e gli si affida totalmente. Il ritratto di lucida assassina stride con la perizia ma anche con le intercettazioni e le testimonianze». La richiesta è assoluzione e in subordine la derubricazione da omicidio volontario a preterintenzionale, l’attenuante legata alla salute mentale prevalente sull’aggravante della premeditazione. L’avvocato Cataldo Intrieri sottolinea che lo psichiatra Freilone è «lo stesso che aveva diagnosticato il disturbo di isteria in Annamaria Franzoni quando ha ucciso suo figlio. In quel caso la condizione le aveva provocato uno stato dissociativo per cui aveva dimenticato subito dopo la sua azione. Riteniamo che se la patologia è la stessa, ed è stata siglata dalla stessa équipe, debba esser riconosciuta anche a Taroni». Il penalista romano affida una domanda: «Laura Taroni era sana di mente, non nel momento in cui la vede il perito, ma in quello in cui sarebbero avvenuti i fatti? Il ‘ragionevole dubbio’ riguarda anche le condizioni mentali dell’imputato».