I 40 anni del Tarlisu La maschera bustocca racconta ai bambini la Manchester d’Italia

Il personaggio storico affonda le radici nell’attività tessile locale. Da settimane il poeta dialettale Tosi lo porta in tutte le scuole. E domenica, alla sfilata di Carnevale, riceverà le chiavi della città

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di Rosella Formenti

Ha compiuto ieri 40 anni il Tarlisu, la maschera bustocca: il 16 febbraio 1983 fu approvata la delibera della giunta che lo proclamava a tutti gli effetti maschera tipica della città, concretizzando la proposta della Famiglia Sinaghina con l’indimenticato Giovanni Sacconago.

Un tipo particolare il Tarlisu, perché a differenza degli altri personaggi storici del Carnevale, che nascono per dare rappresentazione a un carattere, quello bustocco ha le sue radici nell’attività tessile che per secoli ha caratterizzato la città, per decenni Manchester d’Italia.

E nulla meglio del Tarlisu, tipico tessuto a strisce bianche e marroni per foderare i materassi, made in Busto Arsizio, poteva rappresentare la città.

Da 15 anni nei panni del Tarlisu, durante il periodo di Carnevale, c’è Antonio Tosi, noto come Ul Pedela, poeta dialettale e cultore delle tradizioni. Da settimane è impegnato nelle scuole a incontrare i bambini a cui racconta, nelle vesti di Tarlisu, la storia della città che aveva 100 ciminiere e con i suoi tessuti girava il mondo. "È sempre un successo – racconta – i bambini sono curiosi, fanno domande: a loro abbiamo il dovere di trasmettere la nostra storia. Mi sento onorato di rappresentare la mia Busto con questa maschera, la cui storia è davvero una trama tessile, intessuta del vissuto di tante generazioni che hanno fatto grande la nostra città".

Domenica alle 12, in piazza Vittorio Emanuele II, il Tarlisu riceverà dal sindaco le chiavi della città e farà il suo discorso ufficiale: tirate d’orecchi, saggi consigli e sogni da realizzare.