Stefano Binda presidente dell'associazione di volontari che aiutano i detenuti

L'uomo ha trascorso 4 anni in carcere prima di essere assolto per l'omicidio di Lidia Macchi: ora guiderà la "Valle di Ezechiele" a Busto Arsizio (Varese)

Stefano Binda alla festa per la nuova associazione

Stefano Binda alla festa per la nuova associazione

Busto Arsizio (Varese) - Ha passato 1.286 giorni in carcere prima di essere assolto con formula piena, ora Stefano Binda, accusato e assolto per l'omicidio di Lidia Macchi diventa volontario per i carcerati. Binda infatti è stato nominato presidente di La Valle di Ezechiele OdV, nuova associazione di volontari al servizio dei detenuti nel carcere di Busto Arsizio.

La nuova associazione è una "costola" della cooperativa sociale La Valle di Ezechiele, nata nel 2019 su iniziativa di don David Maria Riboldi, cappellano della Casa Circondariale di Busto. Lo scopo dell'organizzazione è offrire supporto ai detenuti e alle loro famiglie, sia materiale (attraverso la raccolta di soldi, vestiti e oggeti di prima necessità) che morale, attraverso l'ascolto e il sostegno. 

La poesia e l'arresto

L'odissea giudiziaria di Stefano Binda si chiuse definitivamente il 27 gennaio del 2021 quando la Cassazione confermò la sua assoluzione nel processo per l'omicidio di Lidia Macchi, la ventenne uccisa a Cittiglio, in provincia di Varese, nel gennaio 1987. In primo grado Binda era stato condannato all'ergastolo, e poi prosciolto in appello dalla Corte di Assise di appello di Milano.

La Cassazione mise così la parola fine a una vicenda che per Binda iniziò nel gennaio 2016 quando fu arrestato come presunto colpevole del delitto. Le manette per lui arrivarono in seguito a una perizia grafologica che lo indentificò come l'autore del componimento "In morte di un'amica", poesia recapitata in forma anonima alla famiglia Macchi nel giorno dei funerali di Lidia e subito attribuita dagli inquirenti al responsabile dell'omicidio.

Il risarcimento

Il 50enne aveva sempre respinto le accuse a suo carico fornendo anche un alibi: nei giorni del delitto - spiegò durante i processi - era in vacanza a Pragelato, sulle alpi piemontesi. Binda ha trascorso quasi 4 anni in cella prima di essere assolto in Appello "per non aver commesso il fatto" e rimesso in libertà. Per l'ingiusta detenzione Binda ha ottenuto un risarcimento da parte dello Stato di 303mila euro, risarcimento contro il quale la procura ha fatto ricorso.