ROSELLA FORMENTI
Cronaca

Busto Arsizio, Pro Patria Scherma: una “stoccata” lunga 137 anni

Giancarlo Toran racconta la storia dell'associazione sportiva che ha sfornato talenti e può vantare persino la medaglia olimpica indossata nel 2000 da Daniele Crosta

NOBILI TRADIZIONI Giancarlo Toran autore del volume illustrato “Stoccate in bianco blu” al Museo della scherma Qui accanto la consegna della medaglia all’atleta bustese Daniele Crosta alle Olimpiadi di Sidney 2000

Varese, 28 ottobre 2018 - E' una lunga e affascinante storia quella della Pro Patria Scherma di Busto Arsizio. Il maestro Giancarlo Toran, bustocco d’adozione, arrivato da Napoli per seguire la passione per la scherma e farne una professione, la racconta in un bel libro, “Stoccate in bianco blu”, pubblicato da Nomos Edizioni.

Maestro Toran, com’è nata l’idea di questo volume?

«Due sono i motivi: la longevità di questa società, che ha 137 anni e per me, gli atleti, i tecnici e i dirigenti è una grande famiglia; e poi un traguardo importante da celebrare, il mezzo secolo di presidenza di un uomo straordinario, a cui la scherma bustocca deve tutto: Cesare Vago. Mettermi al lavoro per questa pubblicazione è stata per me un’esperienza meravigliosa che mi auguro possa essere condivisa da quanti la sfoglieranno, anche da chi non conosce la scherma».

Una parte di questa storia è la sua vita a Busto Arsizio, com’è avvenuto l’incontro con la Società Pro Patria Scherma?

«Partiamo da lontano: sono nato nel 1947, ho incontrato la scherma tardi, all’università di Napoli, mi sono appassionato, l’ho praticata, ho ottenuto anche risultati da dilettante, nel frattempo ho dovuto proseguire gli studi e laurearmi, in scienze naturali. Il futuro era l’insegnamento nella scuola, come mia moglie, Anna, insegnante di educazione fisica. Ma la passione per la scherma è stata più forte di tutto, ho cominciato a insegnare, l’ho fatto per 6 anni, a Salerno, nella Società Nedo Nadi. Nel 1980 la svolta: si sbloccano le graduatorie nazionali per il trasferimento degli insegnanti, comunico al segretario dell’Associazione nazionale maestri di scherma Gianni Augugliaro la mia intenzione di cercare lavoro al nord, ci sono molte più possibilità, sia nell’insegnamento sia nella scherma. E l’occasione non tarda ad arrivare, proprio da Busto Arsizio. Un primo incontro nel periodo di Pasqua con la Società, il presidente Vago e i consiglieri, poi nel mese di settembre 1980 io e mia moglie lasciamo definitivamente Napoli per Busto Arsizio, dove io sono pronto a dedicarmi anima e corpo alla scherma. Sembrava una scelta folle, non lo è stata, anzi sono contento».

E sono trascorsi 38 anni, durante i quali ha accompagnato la Società nella sua crescita fino ad oggi.

«Sono passati velocemente, guardo le fotografie pubblicate nel libro, quanti atleti, li rivedo tutti, Andrea Felli, per anni il nostro portabandiera, scomparso prematuramente, Daniele Crosta, la nostra medaglia olimpica a Sidney, nel 2000, tutt’oggi l’unica medaglia di un bustocco alle Olimpiadi. Carolina Erba, Anna Giacometti, Marta Cammilletti e tutti gli altri. È stato bello accompagnarli, vederli crescere, maturare, al di là dei successi raggiunti. Ma più di una vittoria come maestro conta vedere che un ragazzo magari un po’ sfiduciato riesce a superare i suoi limiti e poi a distanza di tempo torna a ringraziare per ciò che ha ricevuto. Questo lo considero un premio».

Oggi c’è una nuova sfida per lei?

«Sì, è la scherma praticata da atleti non vedenti. Sono due ragazze e un ragazzo che seguo negli allenamenti: mi rendo conto che le cose che noi riterremmo impossibili per loro diventano invece possibili. È per me un’esperienza straordinaria, la scherma, uno sport bellissimo da praticare, ancora una volta aiuta a superare i propri limiti».