La scrittrice Ilaria Rossetti: "Adoro la Biblioteca Laudense"

La trentaseienne di Lodi nel 2007 vinse il “Campiello giovani“. "Fin da piccola leggevo tantissimo"

La scrittrice Ilaria Rossetti: "Adoro la Biblioteca Laudense"

La scrittrice Ilaria Rossetti: "Adoro la Biblioteca Laudense"

Nel 2007 aveva vinto il Premio “Campiello giovani”, mostrando tutto il suo talento da scrittrice. Da allora ha continuato a coltivare la sua passione ottenendo altri riconoscimenti e traguardi importanti. Ilaria Rossetti, 36 anni, lodigiana, ha da poche settimane pubblicato la sua ultima fatica letteraria intitolata “La Fabbrica delle donne” ed edita da Bompiani.

Ilaria è nata a Ponte dell’Olio (Piacenza), ma poi è sempre cresciuta in città. Da bambina ha frequentato le scuole elementari Gianni Agnelli al quartiere Riolo, poi le medie Cazzulani, il liceo classico Verri e quindi si è laureata a Pavia in Letteratura europea e americana.

Ilaria, la passione per la scrittura ce l’aveva già da bambina? A che età è sbocciata?

"Sì, fin da piccola, ed è sempre stata una cosa molto spontanea. Era sicuramente anche conseguenza del fatto che leggevo moltissimo. Alle elementari scrivevo già dei racconti brevi, spaziando con la mia fantasia. Mi piaceva inventare storie e visto che nessuno mi ha mai scoraggiato, ho continuato negli anni ed è diventato qualcosa di più consapevole".

Si ricorda qualcuno di questi racconti?

"Sì. Mi ricordo ad esempio un racconto lunghissimo, ambientato negli anni del Medioevo con villaggi che bruciavano. Un altro invece narrava le vicende di alieni che però vivevano sotto il mare".

Nel 2007 è arrivata la vittoria del Premio Campiello Giovani con il racconto “La leggerezza del rumore” (edito da Marsilio). Che ricordi ha di quel momento?

"L’anno precedente avevo vinto il concorso “Subway”. Sostanzialmente i racconti vincitori venivano stampati e distribuiti in tutte le metropolitane d’Italia, da Milano a Roma, da Torino a Napoli. E anche sui vaporetti a Venezia. Io vinsi con un racconto intitolato “Hassan”. Questa vittoria mi consentì di essere inserita in un gruppo di lavoro dell’Archivio Storico di Lodi diretto all’epoca da Francesco Cattaneo. Io avevo sedici anni e fu un momento profondamente formativo per me, un laboratorio importantissimo, in cui ebbi l’opportunità di acquisire molta tecnica. Il racconto “La leggerezza del rumore” con cui poi ho vinto il Campiello giovani è stato il risultato di quel percorso”.

Che emozione è stata riscoprirsi vincitrice del Campiello Giovani?

"Emozione fortissima. Un momento assurdo, surreale. Ricordo che eravamo in cinque, tutti giovanissimi, tra il gotha letterario italiano. Al mattino in conferenza stampa furono resi noti i vincitori. Alla sera fui invitata alla cerimonia al teatro La Fenice di Venezia".

Da lì poi?

"In quel momento stavo già scrivendo il mio primo romanzo. Nel 2008 lo terminai e poi lo inviai ad un solo editore: Giulio Perrone. Mi piaceva perchè pubblicava scrittori esordienti. Fu così che l’anno successivo uscì il mio primo romanzo intitolato “Tu che te ne andrai ovunque”. Iniziai a girare l’Italia e a incontrare i lettori. Anche quello fu un momento molto bello. Poi, visto che con Giulio Perrone trovavo bene, due anni dopo pubblicammo il mio secondo romanzo “Happy Italy”. Tutto procedeva bene, ero contenta però...".

Però?

"Nel frattempo avevo iniziato a scrivere altre cose. Non capivo più bene dove stavo andando. Ero molto giovane".

Si prese una pausa?

"Sì, una lunga pausa di nove anni".

Si trasferì anche in Gran Bretagna..

"Dal 2011 al 2014 ho vissuto tre anni a Londra. Stavo ancora studiando all’università e avevo fatto anche l’Erasmus in Galles, ma volevo un’esperienza all’estero più completa. A Londra studiavo e poi tornavo in Italia a dare gli esami. Intanto lavoravo in una caffetteria di una grande catena e nell’università londinese però occupandomi di aspetti commerciali. Era interessante, ma poi capii che mi stavo allontanando troppo dalla mia strada. Così tornai in Italia. Feci però ancora esperienze differenti, tra cui gestire il Caffè letterario di Lodi e scrivere per il teatro. Avevo bisogno di maturare un po’".

Poi però è tornato il richiamo del “primo amore”...

"Sì. Mi sono rimessa in carreggiata, ho ripreso a scrivere un romanzo e nel 2019 ho vinto il Premio “Neri Pozza” con il romanzo “Le cose da salvare”. La vittoria metteva in palio la pubblicazione del lavoro che così fu pubblicato a marzo 2020, purtroppo in piena pandemia. Tutta la macchina che si attiva ogni volta che esce un nuovo libro si stoppò, come ovviamente tutte le attività che a quell’epoca furono bloccate. Non c’erano festival, presentazioni. Le mie aspettative furono raggelate. L’aspetto positivo comunque è stato che ero tornata a scrivere in modo professionale. Così nel maggio 2021 uscì un mio breve saggio “Stig Dagerman - Il cuore intelligente” e nel frattempo avevo iniziato a lavorare a “La Fabbrica delle ragazze” uscito in questo inizio 2024".

Adesso sta già lavorando a un nuovo libro?

"Sto iniziando a mettere per iscritto delle idee, ma siamo in fase molto embrionale".

Scrive qualcosa tutti i giorni?

"Non proprio. Anche se comunque prendo appunti, metto a fuoco idee. È una macchina che non si ferma mai".

Ci sono angoli, luoghi di Lodi che la ispirano particolarmente?

"Che mi ispirano non è la definizione corretta. Io però amo molto lavorare nella Biblioteca di Lodi. È affascinante e piena di libri. Spesso scrivo lì".

Quali sono i suoi scrittori preferiti?

"Premesso che ne ho moltissimi, se dovessi citare proprio i più amati direi Natalia Ginzburg, Goffredo Parise, Aleksandar Hemon (scrittore bosniaco naturalizzato statunitense) e Valeria Parrella".

Nei suoi lavori ha sempre un obiettivo ben preciso che persegue? Raccontare una storiao lanciare un messaggio...

"Non è mai uguale. Ho capito che quando c’è un’idea che ti ronza in testa, una suggestione che non se ne va qualcosa vuole dire. E allora va accudita. Non ho schemi prestabiliti, ogni libro è un mondo a sè. Ultimamente sono partita da un fatto realmente accaduto e mi è piaciuto “trasfigurarlo”, ma non è detto che nel prossimo lavoro sarà ancora così".

Ha un sogno nel cassetto?

"Sì, ma non riguarda i libri. E’ fare un bel viaggio in bicicletta, in Italia. Molto lungo. Lo farò".

Tiziano Troianello