Alizé sul tetto del mondo: "Mai arrendersi"

Dall’incidente alla vittoria: il riscatto della 19enne campionessa di wakeboard che ora fa conoscere uno sport raro ma prezioso

Alizé sul tetto del mondo

Alizé sul tetto del mondo

di Mariachiara Rossi

Nel giro di tredici mesi è passata da un letto di ospedale, dove era finita a causa di un brutto incidenteautomobilistico risalente al 20 aprile 2021 rimediato in Francia durante la preparazione di una gara con il team del padre, al tetto del mondo, quando ad agosto 2022 è salita sul podio a Lago del Salto, in provincia di Rieti, diventando la campionessa mondiale nella categoria under 18 di wakeboard , disciplina nata dalla fusione tra sci nautico e snowboard. Alizé Piana, 19enne atleta lecchese della Sambuca Effect Wakeboard School di Abbadia Lariana in provincia di Lecco, nel corso della sua giovane vita ha già avuto modo di dimostrare le sue doti di resilienza e tenacia, provando che lo sport dà sempre, o quasi, una seconda possibilità se sei disposto a rimetterti in gioco: "Ho passato 16 giorni in ospedale, i primi due dei quali in coma farmacologico per riuscire a sopportare il dolore, poi un mese in una clinica francese specializzata nella cura delle ustioni. Tuttora devo sempre portare dei guanti protettivi. Ero arrivata al punto di voler mollare il wakeboard, ma ho tenuto duro e alla fine ne è valsa la pena" racconta la giovane.

Che momento sta vivendo ora Alizè Piana?

"Mi devo riprendere ancora dalla vittoria del Mondiale. Ride (ndr). A parte gli scherzi, l’oro è stato talmente inaspettato che la gioia si è quadruplicata ed è stata condivisa con il mio allenatore Claudio Dal Lago che lo considero uno zio, dato che ci conosciamo da dieci anni, con tutta la mia famiglia della scuola di wakeboard e con lo stesso comune di Lecco, che mi ha consegnato la benemerenza proprio a novembre. Il fatto che l’incidente sia capitato durante la prima ondata pandemica mi ha molto agevolata, perché mi ha permesso di recuperare e incominciare la riabilitazione senza perdere troppe competizioni e soprattutto di rientrare subito nel ritmo gara".

Come si è avvicinata a questa disciplina?

"La mia è la classica storia della figlia che intraprende una passione dei genitori per poi specializzarsi in un determinato ramo. Io ho incominciato a nove anni con la tavola ma fin da piccola i miei genitori, che hanno sempre avuto una piccola barca, mi hanno fatto conoscere le bellezze del lago di Como e le sue potenzialità portandomi a fare un giro con loro. Poi un giorno siamo finiti in un cartiere sul lago, dove c’era la scuola fondata dal mio allenatore, e dopo aver provato una miriade di sport, mi accorsi dubito che era quello che

faceva per me".

In Italia però il wakeboard è ancora uno sport poco conosciuto.

"È vero, e questo è il mio più grande rammarico. Ma anche qui ci sono delle grandi contraddizioni da sottolineare. Il nostro paese è una delle nazioni più temute a livello mondiale con Australia e Stati Uniti e siamo noti per usare più tecnica. Purtroppo però noi dobbiamo fare i conti con le condizioni climatiche avverse nei mesi invernali e per questa ragione ci possiamo allenar solo da fine marzo a inizio novembre. L’altra faccia della medaglia dice però che in Italia gli iscritti sono appena 30mila: è costoso e necessita di parecchie ore di preparazione che ti servono per diventare esplosivo e resistente, in estate arriviamo

addirittura ad allenarci sette giorni su sette e due volte al giorno".

Dove si vede fra qualche anno?

"Domanda interessante. Se prende in considerazione qualsiasi altro sport in categoria junior under 19 o under 18 gli atleti sul podio hanno delle entrate cospicue mentre nel wakeboard bisogna avere un piano B

nella vita. Alle superiori ho frequentato una scuola internazionale e al momento studio turismo allo Iulm. Se ad un certo punto mi dovessi rendere conto che questo sport non riesce a darmi di più di quanto vorrei, allora deciderò di smettere. Fino ad ora però non è ancora successo".