Etica, cuore e sostenibilità Biasi e la rete dei resistenti

Il suo Vin de la Neu con vitigni resistenti in quota ha conquistato i 3 bicchieri. Il modello s’allarga, dalle Marche al Trentino fino alla Mosella. "Siamo il futuro"

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Resistere, resistere, resistere. Sì, ma con l’etica. È la filosofia di Nicola Biasi, 41 anni, nel 2020 miglior giovane enologo per Vinoway, una lunga gavetta alle spalle culminata nel ruolo di capo enologo di Allegrini, in Toscana, colosso da 700mila bottiglie all’anno. E un luminoso futuro davanti. Perché i suoi “Vitigni resistenti” faranno scuola. Ne è convinto, Nicola, di aver tracciato una nuova strada, imboccando un solco diverso dal tracciato segnato dalle famiglie di chi fa vino da più generazioni. Nato a Cormons, in Friuli, passaporto italiano e australiano, è tornato nella sua Coredo, nell’amato Trentino, dove passava le estati da ragazzo fra l’odore del mosto fermentato. E qui ha convinto il padre a ritagliare il luogo del cuore per il suo vigneto, dove crescevano solo mele, coltura principe della Val di Non. Con una svolta controcorrente: "Ho scelto di impiantare una varietà poco nota, lo Johanniter, incrocio fra Pinot grigio e Riesling, un vitigno resistente". Era il 2012. Nel 2013 le prime quattro bottiglie. L’anno dopo, la prima vera vendemmia e le prime vendite. "In quel 2014, quando il mio vino era in barrique, ho capito che doveva essere la mia priorità, per andare fino in fondo, e ho lasciato tutti gli altri lavori".

Il colpo di fulmine per la sostenibilità, "un obbligo morale" come preferisce chiamarlo. Presto, condiviso da altre aziende. Arrivano soci da Trentino, Veneto, Friuli. Ora da Marche e Piemonte. Un piccolo miracolo, nell’Italia dei campanili e delle eterne rivalità. Come ha fatto? "La nostra filosofia è condivisa da imprenditori con la mentalità aperta". Tanto aperta al nuovo che Nicola ha acquistato un campo nella zona francese della Mosella, dove applicherà vitigni resistenti e la sua tenace, solida filosofia di un’etica fatta di zero diserbanti, tanta testa e il cuore oltre l’ostacolo. La sua fortuna? Aver trovato spiriti affini. Prima sei, poi sette, presto dieci imprenditori che condividono la sua filosofia di vita e di lavoro. Niente etichette e pregiudizi ("Il biologico? Bene, purché sia sostenibile, perché se poi scelgo un luogo dove devo fare 15,18 o 20 trattamenti all’anno, sarà pure biologico ma non è sostenibile…", argomenta), con una impronta ecologica inferiore del 39% rispetto ai modelli tradizionali. Perché la tradizione va bene, ma se vieni da generazioni che fanno la stessa cosa da decenni, difficile cambiare rotta. Nicola, invece, tiene il timone dritto e punta fisso alla sua stella polare: l’obbligo morale della sostenibilità. "I cambiamenti climatici sono una realtà che nessuno più nega. E allora il viticoltore o sposta i vigneti, scelta legittima ma fattibile fino a un certo punto, o cambia vitigno". E se in quota la rendite dei vitigni calano e i costi salgono, meglio imboccare la seconda strada. Vitigni resistenti e vino di qualità, operazione nella quale Biasi mette l’accento sul secondo degli addendi. "Perché se il vino non è di qualità, diventa inutile…". Lui l’ha dimostrato con i fatti. Perché il suo “Vin de la Neu”, vino della neve, ha conquistato i tre bicchieri del Gambero rosso. Un vino nato in un fazzoletto di 0,35 ettari, alta Val di Non, terra di mele, contro tutto e tutti. Merito della passione di Biasi. "Perché ricordo ogni giorno che noi lavoriamo in un settore fantastico, dove si incrociano storie, persone bellissime. E dove – particolare non secondario – se lavori bene guadagni bene. Siamo privilegiati, abbiamo il dovere di restituire qualcosa all’ambiente, rovinandolo il meno possibile". Con realismo e piedi saldi a terra. "Vogliamo migliorare il mondo, ma non possiamo certo salvarlo noi", sorride. E se gli chiedi come immagina il suo futuro di qui a dieci anni, Biasi non si tira indietro: "Una rete di 20, massimo 30 resistenti". Un’avanguardia che diventa tendenza. Massa, quello mai. "I consumatori sono pronti già ora, si va oltre il pregiudizio, sono stufi di bere sempre gli stessi vini". E il sogno (per ora nel cassetto) è di finire in copertina su Wine Spectator. "Non per me – si schermisce – ma per la rete dei resistenti, perché vorrebbe dire che abbiamo lasciato il segno e il mondo è diventato un posto un poco migliore". Oltre i pregiudizi.