Medea, una strega (e outsider) Così la società colpevolizza i diversi

La prima nazionale della produzione di Manifatture Teatrali Milanesi. "Lei, un ottimo cattivo esempio"

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Medea è una tra le più appassionanti e drammatiche tragedie di Euripide, andata in scena per la prima volta ad Atene, alle Grandi Dionisie del 431 a.C. tradotta, reinterpretata e riadattata in moltissime versioni diverse, adesso al Teatro Litta. Il lavoro sul testo di Euripide desidera mettere in scena il rapporto e il sistema di umiliazioni e violenze che una società conservatrice e verticale costruisce ai danni di una diversa o di un diverso, soprattutto quando la diversità introdotta da essa o da esso risulti potenzialmente sovversiva.

Un sistema che funziona è un ecosistema nel quale ogni elemento costitutivo collabora al sostentamento e alla salvaguardia del sistema stesso: ponendo la lente sulla nostra realtà, il successo di ciò che oggi chiamiamo sistema capitalista dipende anche dall’aver allevato negli individui che lo costituiscono l’illusione di poter imbrigliare il sistema e di poterlo sfruttare secondo il proprio tornaconto: in effetti, tutte le azioni (o gli investimenti) che operano questi individui non servono a nessuno, se non alla tutela del sistema stesso. Nel corso degli ultimi decenni, poi, il sistema capitalista è diventato talmente raffinato da aver eliminato ormai quasi del tutto la figura dell’outsider, quella figura cioè che mostri al mondo con la propria vita e con le proprie scelte un’alternativa allo status Quo.

Anche l’artista, un tempo figura ai margini, squallida, pericolosa, insomma un ottimo cattivo esempio, si è adeguato al capitale e rincorre carriera e successo con la stessa foga di un broker finanziario. Anche a causa della scomparsa dell’artista come outsider è ormai in definitiva via di estinzione l’utilizzo e la ricerca di linguaggi simbolici: tutto il mondo viene guardato attraverso gli occhiali critici e antiromantici tipici del post-moderno e della cultura del meme.

Ecco allora la necessità e il desiderio di raccontare la parabola di Medea, outsider, sovversiva e trascinata in un mondo che, avendone paura (giustamente), trova come unica cura alla propria angoscia la mortificazione prima, e la deportazione dopo della donna definita da tutte e tutti strega. In uno degli ultimi articoli scritti prima di salutare la vita, Mark Fisher denunciava la caccia alle streghe che la società occidentale, soprattutto quella parte più intellettualmente esposta, opera ai danni di un pensiero che esca da ciò che è moralmente conforme: la lettura di questo documento, che si chiude con la speranza di una nuova prospettiva di classe, mi ha commosso, facendomi domandare come io stia posizionando il mio lavoro all’interno della comunità in cui vivo.