Bontà e cultura, prezzi onesti Gli itinerari per buongustai

Dall’Antica Osteria del Cerreto al Gaffurio, dall’Isola Caprera alla Colombina. Indirizzi giusti per assaporare le tradizioni della Bassa (e non restare scottati)

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di Paolo Galliani

Nomadismo gourmet. E non solo per il desiderio compulsivo di mettersi a tavola, sempre e comunque. Perché le cose buone si chiamano tra loro. E sono pure loquaci: raccontano molto della cultura e delle abitudini in un preciso territorio. E cercarle tra le alzaie del Lodigiano, lungo la ciclabile della Muzza o nel paesaggio della Bassa tra la Greenway dell’Adda Sud, Maleo e le colline di San Colombano è una motivazione più che ragionevole per i tanti milanesi (e non) che da sempre considerano la fetta di Lombardia compresa tra Tavazzano e il Po come un "altrove" colmo di buoni indirizzi e di soste promettenti. Le ragioni? Dichiarate: perché da queste parti l’accoglienza è genuina e non ha nulla di manieristico, il conto di una buona cena difficilmente tracima al di là dei 40-45 euro e i piatti che arrivano al tavolo conservano la loro vocazione più autentica: raccontano il micro-mondo che le circonda. Pura evidenza all’Antica Osteria del Cerreto di Stefano Scolari, monumento della ristorazione locale, dove a celebrare l’inverno ci pensano i "bolliti con salsa verde e purè rosso Pipetto con pomodoro concentrato e cipolle" e il "Risotto Vecchia Lodi" con ragù di salsiccia, pancetta e raspadura.

Il capoluogo è ad un amen ed è un concentrato di buoni indirizzi dove il fil rouge della "lodigianità" è marcato e il culto per la "cucina di prodotto" è un dogma. Spiccano il "Gaffurio", elegante gioiellino della ristorazione nel centro storico di Lodi, merito di Vittorio Romeo e della moglie Amalia Nichetti che ai fornelli firma pietanze gustose come il "risotto con cavolo cappuccio, cavolo nero croccante e taleggio" e il "raviolo con il formaggio Pannerone"; e lo storico "Isola Caprera" di Leonardo Meani (dal 1938 il locale è gestito dalla stessa famiglia), affacciato sull’argine dell’Adda, dove il menù celebra il buono della tradizione tra ossobuco, trippa, stracotto di guancialino e risotto alla Lodigiana.

A proposito di esplorazione golosa, impossibile dimenticare Cascina "La Colombina", nella vicina Bertonico: tra i must della casa, la “Degustazione del Contadino“ (cotechino, polenta rustida, pancetta steccata e raspadura) e i "ravioli al ripieno di nostrano con sugo brasato". Certo, sarebbe un sacrilegio snobbare San Colombano al Lambro solo perché, formalmente, appartiene alla Provincia di Milano. In realtà il mood è profondamente lodigiano. E allora, via con gli assaggi al "Giardino" di Franco Nichetti, trattoria dove si sente l’imprinting femminile di Eva e Iola in cucina e i Mirka in sala. Il top? La guancia di manzo cotta nel vino rosso. E, poco lontano, in via Serafina, alle spalle del Castello, stramerita il ristorante "La Caplania" di Roberto Madé con moglie Maria Cinzia e la figlia Elena che esaltano la cucina locale dando il meglio nel "risotto con fiori e fonduta di zucca" e nella "Faraona con salsa di mascarpone". Più a sud, a Maleo, "Il Sole" dei fratelli Francesca e Mario Colombani diventa il traguardo naturale di un’escursione tra saperi e sapori del Lodigiano, dove apprezzare piatti bandiera come la "zuppa di cipolle" e il "galletto alla diavola" che non esce dal menù nemmeno a calci. Sarà anche il finale del viaggio. Ma che finale!