"Dal Papa a Sanremo, un sogno lungo 22 anni"

Simona Atzori ripercorre sul palco la sua carriera e il periodo della pandemia: da bambina volevo vivere danzando, la diversità non è un limite

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di Andrea Gianni

Simona Atzori è tornata dove il suo sogno ha avuto inizio, sul palco del Teatro Giuditta Pasta di Saronno che da bambina l’ha vista muovere i primi passi guidata dalla musica. Gli esordi di un "percorso incredibile" per lei che, nata senza gli arti superiori, ha saputo trasformare un limite in un punto di forza sfruttando gambe, piedi e la magia del sorriso per creare arte. Ballerina, performer e pittrice, Atzori nel nuovo show che ha aperto la stagione teatrale saronnese ripercorre vent’anni di carriera, con l’aggiunta di due anni di pandemia che hanno colpito il mondo dello spettacolo dal vivo. Tappe come l’esibizione davanti al papa nel Giubileo del 2000, la cerimonia di apertura delle Paralimpiadi di Torino del 2006, la ribalta televisiva al Festival di Sanremo nel 2012. Traguardi raggiunti e, ora, un nuovo inizio all’età di 48 anni.

Simona Atzori, come è partito il suo lungo percorso?

"Ho iniziato a danzare da bambina, ma sicuramente il punto di svolta è arrivato con il Giubileo del 2000. Ha cambiato la mia vita, mi ha fatto capre che il mio sogno poteva avverarsi. Poi ci sono state tante tappe importanti, che nello spettacolo “I miei 20 anni più 2“ rivivo con alcuni amici. Dal Teatro alla Scala Marco Messina e Salvatore Perdichizzi; dalla SimonArte Dance Company Beatrice Mazzola, Mariacristina Paolini e Alessandra Anelli. Nello spettacolo abbino diverse forme artistiche dipingendo dal vivo in scena, anche perché faccio parte dell’associazione Ability Art, formata da artisti che dipingono con la bocca e con i piedi. Ci sono proiezioni di video e testimonianze di eventi, come l’incontro con papa Francesco nel 2014, per cercare di trasmettere al pubblico la gioia per un sogno realizzato".

Nella sua carriera ha vissuto anche momenti difficili, dubbi sulla strada da seguire?

"Ce ne sono stati tantissimi. La paura di non essere all’altezza, l’ansia di andare in scena, le perplessità degli altri. I miei genitori e mia sorella mi hanno supportata tantissimo, sono stati determinanti. La vita mi ha insegnato che quando credi in qualcosa ti devi impegnare al massimo e non avere paura di andare oltre i limiti, fisici o mentali. Fin da bambina volevo fare la ballerina e la pittrice, e ho fatto di tutto per non lasciare spegnere il sogno, con tanto duro lavoro".

Fra i tanti ricordi, quali le sono più cari?

"Penso alle collaborazioni con Oriella Dorella, Carla Fracci, Roberto Bolle, solo per citare alcuni nomi. Mi piace però ricordare gli incontri con tante persone comuni, in luoghi semplici, alle quali spero di aver trasmesso un messaggio positivo".

Qual è, ora, il suo sogno nel cassetto?

"Riuscire a tornare sul palco è stato un grande risultato, perché nell’ultimo anno sono stata bloccata da problemi fisici. Ora ho tanti progetti e lascio la porta aperta a quello che arriverà, anche di inaspettato e sorprendente. Finora la realtà ha superato la fantasia".

Come ha vissuto gli anni della pandemia?

"Mi sono fermata a riflettere, ho scoperto un dimensione intima che non conoscevo perché prima ero sempre in movimento. Ho riscoperto anche la mia casa e la mia città, Saronno. È stato un periodo creativo, soprattutto nella pittura, ma anche di riposo. Adesso ripartiamo con occhi nuovi".

Ha immaginato come sarebbe stata la sua vita senza la disabilità?

"Sicuramente sarei stata un’altra persona, non sarebbe esistita questa versione di me. Ma Simona è questa, con i suoi pregi e i suoi difetti. Il messaggio che vorrei lasciare con la mia esperienza è questo: l’unicità, la diversità, non deve essere un limite ma un valore da condividere. Con il mio spettacolo ho voluto ringraziare tutte le persone che hanno fatto parte di questo viaggio, che mi hanno donato amore e mi hanno aiutata a realizzare un sogno".