Chef Rita, l’autodidatta stellata e quel telegramma di Marchesi...

È al timone di Ma.Ri.Na.: "Olgiate Olona mi ha dato tutto quel che desidero: questo mestiere che ado E spero che la mia attività, richiamando gente importante, valga come un grazie al paese che mi ospita"

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di Paolo Galliani

Se lo ricorda ancora quel 26 novembre del ’97, quando non c’erano le mail e i whatsapp a fare volare le informazioni. E, infatti, alla signora Rita Possoni era arrivata un’infilata di telegrammi. Che lei aveva avuto un certo timore ad aprire, perché insomma, a quei tempi, portavano anche brutte notizie. Suo fratello Pino l’aveva convinta: "Leggi almeno il primo". Lo fece. Ed ecco la sorpresa: era firmato dal grande Gualtiero Marchesi che si felicitava con lei per il bel riconoscimento che le aveva concesso la Michelin.

Proprio così: il suo piccolo ristorante, nell’altrettanto piccola Olgiate Olona, aveva ottenuto la mitica “stella” dalla prestigiosa “guida rossa. "E pensare, giuro, che fino ad allora non avevo nemmeno capito di cosa si trattasse". Lo comprese pochi giorni dopo, quando il suo bel locale cominciò ad essere frequentato da gourmet provenienti da Milano, Torino, dalla Svizzera. E da personaggi famosi, come Enzo Tortora e Walter Chiari, Paola Pitagora e Paola Borboni.

È lei stessa a ricordarlo, anche per celebrare la storia della sua famiglia. A cominciare da mamma Carolina e papà Angelo, contadini bergamaschi che negli anni ’70 erano emigrati nel Varesotto perché lì c’erano fiorenti attività tessili e quindi occupazione; che avevano rilevato la gestione alimentare nel vecchio Circolo Verdi; e che anni dopo, avevano optato per una trattoria, sempre nel cuore di Olgiate Olona, dandole un nome - Ma.Ri.Na. - che era l’acronimo delle figlie Marisa, Rita e Anna.

Insegna preveggente. Come ricorda la stessa chef, "con gli anni, i clienti cominciarono a chiedere a me e a mio fratello Pino pietanze più elaborate e anche più ispirate ad una cucina di pesce". Richiesta esaudita, come dimostra la “carta” che anche oggi rivela una ricca trama iodata ed è istigazione pura a mangiare il mare, traguardo virtuoso per questa cuoca étoilée da 24 anni ma totalmente autodidatta; e per questo locale, elegante ma non impettato, anche se la placca rossa della Michelin appiccicata davanti all’ingresso autorizzerebbe la titolare a concedersi qualche peccato di vanità. Non è così. Perché le persone non cambiano.

E lei, ammette di essere schiva e poco portata all’esibizione. Giorgio che è il figlio ed è l’interprete della buona accoglienza nel ristorante di Olgiate Olona, le viene in soccorso: "In realtà, mia mamma è una donna solare. Ma anche territoriale. Proporle di viaggiare? È come farle un dispetto: il suo pianeta è questo, al civico 11 di piazza San Gregorio". E lei annuisce.

Racconta delle sue giornate che iniziano all’alba, perché alle 7,30 è già nel ristorante ad accogliere i fornitori di materie prime. Delle ore in cucina a preparare il pesce, a impastare il pane e a creare dessert. E della sera, quando c’è il mondo "perché per fortuna – spiega –, dopo i giorni duri del lockdown, adesso si lavora. E tanto". Si sbizzarrisce tra il mosaico di crostacei crudi e l’aragosta con polvere di pomodorini secchi e capperi, si esalta parlando della sua curiosa “Cassoeula di pesce”, omaggio evidente ad un piatto della tradizione lombarda prestata a quella ittica. E indica, tra i suoi bemolle culinari, la “frittura di piccoli calamaretti e crostacei” e la squisita “Crema di patate e scalogno con foie gras d’oca e scampi”.

Assieme al figlio Giorgio ha parole gentili e di riconoscenza per il Varesotto e in particolare per Olgiate Olona: "Mi ha dato tutto quello che desidero: questo mestiere che adoro. E spero che la mia attività, richiamando da queste parti gente anche importante, valga come un grazie al paese che mi ospita". "E dove – aggiunge – ho ritrovato molto del carattere della mia terra di origine". Insomma, il Varesotto come la Bassa Bergamasca: scarsa propensione ai voli pindarici e, invece, gran voglia di lavorare. E di farlo bene". La ascolti e intuisci che la sua non è falsa modestia. È pura saggezza: l’idea di non essere al centro del mondo fa sentire più leggeri. E, forse, anche più felici.