La bicicletta da corsa. Il manuale di Rubino tra sogni, cuore e tecnica

I pezzi e le caratteristiche dei gioielli a due ruote: dal vintage a oggi "Non c’è un altro Paese come l’Italia dove i ciclisti sono così odiati".

Guido Rubino, autore di Cyclinside

Guido Rubino, autore di Cyclinside

La guida completa all’arte della pedalata. Guido Rubino, una delle voci più autorevoli del mondo della bicicletta attraverso lo storico sito Cyclinside, è allo stesso tempo innamorato e disincantato. L’amore per la bici: "All’inizio la curva di miglioramento è molto alta, bastano 2-3 uscite a settimana e stai meglio. Poi diventa una droga e hai voglia di continuare". Il sano realismo dell’uomo di mondo: "A noi cicloamatori arrivare 40 minuti prima la domenica a pranzo cambia poco, ma il corridore si gioca il primo o il secondo posto anche sui dettagli". E allora, il suo “La bicicletta da corsa“, edito da Hoepli, è un manuale dell’arte della pedalata per tutti. Per i tecnici come per i semplici appassionati. "Partendo dal presupposto che il bravo meccanico è quello che ripara, non che sostituisce il pezzo".

Come è cambiato il mondo del ciclismo?

"Rispetto ai primi manuali, dove c’era una sezione “come fare“, qui non c’è. Perché con tutti i gruppi elettronici è cambiata la filosofia di funzionamento dei componenti: si sarebbe dovuta fare una sezione “come fare“ per ogni marchio di cambio elettronico. I tempi delle innovazioni sono più rapidi: correvamo il rischio di uscire e in un mese spiegare cose obsolete".

Il ciclismo, sport popolare per eccellenza, sconta un deficit di attenzione perché la fatica è passata di moda o perché la narrazione non funziona più?

"Il movimento è cresciuto molto, ma la bici non ti regala niente, se non ne hai non ti dà. Una volta dicevo: “Se devo uscire un’ora in bici manco mi cambio“. Richiede costanza, a differenza del calcetto...Poi c’è un problema: in nessun Paese al mondo più del nostro si odiano i ciclisti. Sono reduce da un viaggio a Lovanio: un paradiso delle bici, agevolazioni e sconti da Governo e datori di lavoro su acquisto e uso, parcheggi sicuri".

Tanti costruttori ammettono che c’è la fila per le bici da 15mila euro, mentre i magazzini sono pieni di invendute di media gamma fino a 5mila...

"Una premessa: spendere 15mila euro per una bici è una follia. Ma dobbiamo anche entrare nell’ordine di idee che in questo mondo non c’è la bici da corsa comune e poi quella che usano i corridori. Le regole Uci impongono che le bici da gara entrino sul mercato, per tutti. Nel bene e nel male. Faccio un esempio: i manubri integrati che pesano pochissimo, aerodinamici, costano mille euro, ma c’è scritto sopra “in caso di caduta sostituire“. Non sono sostenibili. Come se andassi a far la spesa all’Esselunga con una Formula 1: rischio di spaccare tutto già entrando nei parcheggi sotterranei perché l’angolo di ingresso non è compatibile con un bolide così basso. Così le bici top si vendono, chi aveva tanti soldi da spendere prima li ha anche adesso. Il problema è che quei numeri non fanno il grosso del mercato. Se ognuno di noi pedalasse con la bici adatta alle proprie capacità, non si venderebbe bici da oltre 5mila euro. Però è anche un bene emozionale e se una persona vuol provare l’ebbrezza di correre sulla bici di Pogacar e se lo può permettere, perché negarglielo?".

Il fenomeno emergente?

"La gravel, con geometria del telaio più adatta a noi umani e che poi trasformi come vuoi: gravel race o bikepacking, con borse e gomme più larghe. Col vantaggio di evitare le strade spesso pericolose: ti infili nel bosco, lontano dal traffico, e pedali".