Sondrio, crisi da Covid: già persi duemila posti di lavoro

La Camera del lavoro conta i licenziamenti in provincia di Sondrio ma a marzo si attende il “boom“: "Serve una proroga del blocco"

Guglielmo Zamboni, segretario provinciale della Cgil Sondrio

Guglielmo Zamboni, segretario provinciale della Cgil Sondrio

Sondrio, 25 febbraio 2021 -  La crisi economica innescata dal Covid-19 in provincia di Sondrio è costata, per il momento, 2.132 posti di lavoro. Il dato è parziale: si riferisce, infatti, solamente alle comunicazioni obbligatorie – ovvero alla cessazione o all’attivazione di un contratto di lavoro subordinato – non riguarda i posti di lavoro "fissi", garantiti dal blocco dei licenziamenti, e i numeri sono aggiornati solamente fino al 3° trimestre del 2020.

«Sicuramente – sottolinea Guglielmo Zamboni, segretario provinciale della Cgil - il 4° trimestre sarà peggiore rispetto al 2019 per evidenti ragioni, ma abbiamo voluto partire da dati certificati ed inconfutabili per poter analizzare il fenomeno occupazionale e le tendenze". Dai numeri emersi, comunque, appare evidente la contrazione nella dinamicità del mercato del lavoro provinciale, anche al netto del fatto che l’analisi è condotta considerando i rapporti di lavoro e non la loro durata effettiva, per tanto il dato occupazionale ha una proiezione ancora peggiore rispetto a quanto evidenziano i numeri per la minor durata dei rapporti di lavoro.

Le cessazioni pur calando a seguito del calo delle attivazioni, mantengono valori elevati con un forte scompenso tra attivazioni e cessazioni che mostra un significativo calo occupazionale. Il saldo attivazioni/cessazioni nel 2019 era positivo di 1665 unità, nei tre trimestri del 2020 ha un saldo negativo di 2132. "L’ultimo anno – aggiunge Zamboni - penalizza le donne con 734 cessazioni in più rispetto ai colleghi uomini che, se sommato al gap sulle assunzioni, porta ad una differenza tra i due sessi di 1310. Anche in provincia di Sondrio la crisi ha penalizzato maggiormente l’occupazione femminile". I dati evidenziano, oltre al problema occupazionale, le criticità dell’economia provinciale: il blocco dei licenziamenti ha consentito di contenere il fenomeno, ma è fondamentale, secondo al Cgil, una proroga che consenta, con la riforma degli ammortizzatori sociali, di gestire i problemi occupazionali scongiurando i licenziamenti e aiutando nella riconversione delle maestranze. "Da subito – aggiunge il sindacalista - è evidente il problema dei lavoratori precari con occupazione non continua: migliaia di lavoratori sono quasi al termine degli ammortizzatori sociali e, senza proroghe, non avendo opportunità occupazionale, si ritroveranno senza reddito". Molte le aspettative che la Cgil pone nella discussione sulla riforma degli ammortizzatori sociali: sarà necessario, infatti, includere in un sistema di welfare universale tutte le figure professionali precarie – spesso caratterizzate da un livello occupazionale discontinuo – oltre ad istituire un serio sistema di riqualificazione e di riconversione del lavoro, in grado di affrontare le sfide del mercato.