
Orsi in montagna
Chiavenna, 26 luglio 2017 - Desta grande eco anche in provincia di Sondrio il ferimento dell’escursionista aggredito da un orso in Trentino. Contro il progetto europeo per la reintroduzione degli orsi bruni – progetto Life Ursus – che prevede che la Valtellina diventi zona di espansione per i grandi plantigradi, si esprime con durezza anche il direttore della fondazione Fojanini Graziano Murada che, a titolo personale attraverso la propria pagina Facebook, lancia l’allarme: «Tra dieci anni le nostre montagne non saranno più sicure».Anche in Valchiavenna, dove un orso era stato avvistato nella primavera scorsa, il tema fa discutere: «Non credo sia il caso di reintrodurre gli orsi in Valchiavenna e in Valtellina – sostiene Matteo Pighetti – Certo, sono animali che si muovono molto e può benissimo succedere che, di tanto in tanto, qualche esemplare «sconfini» anche nelle nostre valli. Una cosa però è parlare di questi casi isolati, che per loro stessa natura non risultano essere particolarmente preoccupanti, altra cosa è parlare di un ripopolamento «fisso», magari riguardanti numeri più importanti, che potrebbe essere causa di problemi per gli allevamenti».
Favorevole al ripopolamento dei grandi predatori, ma critico sulla “scarsa informazione”, è invece Riky Bordoni: «Credo che, purtroppo, la popolazione si stata informata insufficientemente riguardo le reali problematiche inerenti alla reintroduzione dei grandi predatori sulle nostre montagne. Sono del parere che il loro reinserimento sia molto importante per il mantenimento dell’ecosistema alpino ma temo che, tra i non addetti ai lavori, ci sia molta ignoranza sui reali pericoli che possono derivare dalla vicinanza tra uomini, orsi e lupi. Le istituzioni dovrebbero garantire una giusta e corretta informazione in merito, onde evitare inutili allarmismi».
Reintroduzione doverosa anche per Nicolas Martinoli: «Noi dobbiamo partire dal presupposto che le montagne sono la casa degli orsi che le hanno abitate fino al secolo scorso. Siamo noi ad essere degli «ospiti» ed è quindi nostra la responsabilità di adottare un comportamento consono, che rispetti l’ambiente che ci sta ospitando. Sicuramente gli orsi possono costituire un pericolo non maggiore però da quelli costituiti da vipere, temporali e precipizi. Le Alpi sono una zona molto affollata e quindi uomini, allevamenti, insediamenti e animali selvatici sono costretti a convivere in uno spazio ristretto. Una soluzione potrebbe essere quella di non reintrodurre, ed eventualmente abbattere, le specie selvatiche da noi ritenute pericolose. Non credo, però, che una soluzione del genere possa essere eticamente accettabile. Credo che sarebbe più saggio investire su prevenzione, educazione ambientale, recinzioni elettrificate, cani da pastore e segnaletica informativa; costituire un corpo forestale adatto, che provveda a rendere sicura la montagna, sia per gli escursionisti sia per gli animali, e che mantenga monitorati gli spostamenti dei predatori potenzialmente pericolosi per gli allevamenti e per le persone. Dovremmo prendere esempio da quelle realtà, come quella canadese, all’interno delle quali la convivenza tra uomo e orso non è mai venuta meno».
Situazione potenzialmente problematica per Santino Fratti: «Personalmente la reintroduzione degli orsi non mi causa problemi però, da quello che so, gli orsi in Trentino, riproducendosi, non sono stati più muniti di collare e quindi risulta difficile fare una mappatura accurata di quanti esemplari ci siano e di quali movimenti compiano. In quella regione, che godendo di autonomia può certamente agire più tempestivamente di quanto di possa fare in Lombardia, sono stati eliminati i cestini dell’immondizia – che possono attrarre gli animali selvatici – e gli escursionisti vengono informati tramite un’apposita segnaletica sui comportamenti da adottare in caso di incontri ravvicinati. Ovviamente un’orsa con i piccoli più diventare pericolosa ma basta adottare qualche misura di buon senso per non correre eccessivi pericoli».