Primi no che fanno rumore dai consigli di quartiere al progetto del controllo di vicinato promosso dal Comune di Brescia, sulla base del protocollo d’intesa siglato con la Prefettura per l’attuazione del programma. Per spiegare il progetto e iniziare a raccogliere l’interesse di cittadini che, su base volontaria, vogliano costituire dei gruppi per prevenire fenomeni criminosi con canali di comunicazione con le forze dell’ordine, la Loggia ha scritto ai 33 consigli di quartiere per chiedere se fossero interessati a organizzare delle assemblee sul territorio. Tra le prime risposte, i “no“ per ora, arrivano da almeno quattro. "Abbiamo votato no all’unanimità – spiega Francesca Manenti, cdq di Mompiano – innanzitutto perché la proposta ci sembra un po’ nebulosa. Inoltre, il timore è che possano nascere ‘giustizieri solitari’. Poi il Comune ha comunque gli strumenti per andare avanti, ma ci tenevamo a chiarire il nostro punto di vista". No anche per Casazza, Chiusure e Urago Mella, che ha inoltrato al Comune, una motivazione molto dettagliata.
"Nella nostra realtà ci sono già dei gruppi attivi – spiega il presidente del consiglio di quartiere di Urago, Andrea Pasotti -. Ho chiesto riscontro all’assessorato alla Sicurezza dei risultati, di ciò che fanno questi gruppi, ma, in 80 giorni, non abbiamo avuto risposta. Questo per noi è preliminare a qualsiasi intervento: se devono partire dei gruppi di controllo del vicinato, è fondamentale sapere come operavano i precedenti". Le priorità, però, sono altre. "Posso parlare per il mio quartiere, ma quello che vedo è che le priorità sono solitudine, disagio giovanile, povertà culturali e sociali. Il Comune non può costruire a tavolino il buon vicinato, ma può incentivarlo, per realizzare reti, banche del tempo, dinamiche positive di collaborazione. Io mi sento sicuro in un quartiere se nessuno è da solo". Il timore riguarda anche al gestione delle segnalazioni. "Io ho inoltrato al Comune 96 segnalazioni in 120 giorni, di cui molte riguardano la Polizia locale: non sempre c’è stato un riscontro. Il problema non è la segnalazione, ma l’azione". Federica Pacella