La battaglia dell’acqua, Livigno è cresciuta: "Ora la Svizzera deve darcene di più"

Vertice a Bellinzona per la derivazione del torrente Spoel e per la diga che disseta le due comunità. L’assessore Sertori: serve ai residenti e per la neve delle Olimpiadi

L’assessore Massimo Sertori ha preso parte al vertice fra Italia e Svizzera sull’acqua

L’assessore Massimo Sertori ha preso parte al vertice fra Italia e Svizzera sull’acqua

Livigno (Sondrio) - La guerra dell’acqua. Fra Svizzera e Italia è braccio di ferro per l’uso della preziosa risorsa del torrente Spoel, che attraversa più volte il confine fra i due Paesi e che, alimentando il lago artificiale di Livigno, disseta entrambe le comunità. Nei giorni scorsi la questione è stata affrontata a Bellinzona, in un incontro istituzionale, nell’ambito del dialogo italo-svizzero sulla cooperazione transfrontaliera, coordinato dal nostro Ministero degli Esteri e dal dipartimento federale degli affari esteri della Confederazione. Sul tavolo una richiesta dell’assessore regionale Massimo Sertori, che punta a rivedere l’accordo del 1957 che regola l’utilizzo dell’acqua, anche in vista dell’appuntamento olimpico di Milano-Cortina 2026 che vedrà in prima linea i territori dell’Alta Valtellina, pronti ad ospitare a Bormio le prove maschili di sci alpino e di sci alpinismo e a Livigno tutte le prove maschili e femminili di snowboard e freestyle. Un impegno che attirerà molte persone nel territorio che, evidentemente, porteranno a un aumento del consumo idrico, anche per l’esigenza di coprire di neve, ove serva artificiale, le piste destinate alle prove.

"È necessario avviare una discussione con la Svizzera – ha detto Sertori – per quanto riguarda l’utilizzo delle acque del bacino idrografico del torrente Spoel rispetto a quanto disciplinato nel 1957 dalla Convenzione italo-elvetica che ha dato origine alla costruzione della diga idroelettrica di Livigno. Oggi lo scenario socio-economico è profondamente mutato rispetto a sessant’anni fa. Livigno all’epoca non era di certo una delle località turistiche più in auge dell’arco alpino, la popolazione è aumentata fino a sfiorare ora i 6.500 abitanti – aggiunge l’assessore –. L’utilizzo dell’acqua è ovviamente maggiore proprio per gli usi civili ma anche perché ce n’è sempre più bisogno anche per l’innevamento artificiale".

Da discutere con le istituzioni d’oltreconfine c’è anche un altro aspetto della convenzione sottoscritta ai tempi del governo del democristiano Adone Zoli tra Italia e Svizzera, quello dei collegamenti stradali. "Oggi esiste solo un tunnel, la galleria Munt la Schera, a pagamento, su un tracciato di proprietà della società che gestisce la diga – continua Sertori –. La convenzione scade tra una ventina di anni, ma non è detto che non si possano trovare degli accordi tra i due stati per migliorare la situazione. Questo l’ho chiesto io nell’incontro bilaterale a Bellinzona, ma so che anche il ministro Giorgetti si è interessato della questione e ha chiesto alla Svizzera di poter parlare di questi argomenti specifici". L’inscindibile legame transfrontaliero di Livigno con la Svizzera, favorito da una complessa orografia, ruota proprio intorno alla diga del Punt del Gal, per metà sotto sovranità italiana e per metà sotto quella svizzera. L’infrastruttura chiave è tagliata in due dal confine e si trova esattamente alla confluenza tra il torrente Spoel e il torrente Acqua del Gallo, entrambi in territorio italiano fino alla confluenza, prima di approdare in Svizzera e diventare affluenti di destra dell’Inn e, attraverso questo, finire così nel Danubio e nel Mar Nero, dopo un viaggio di tremila chilometri. Le complesse trattative per lo sfruttamento delle acque terminarono proprio nel 1957 con una convenzione nella quale la Svizzera concedeva all’Italia una derivazione, nel corso naturale dello Spoel: 90 milioni di metri cubi di acqua da utilizzare attraverso un canale di gronda lungo 17 chilometri. In cambio l’Italia diede in alla Svizzera il via libera alla realizzazione del cosiddetto "serbatoio" di Livigno che in pratica allagava le valli di Livigno e Acqua del Gallo, poste in territorio lombardo. Un equilibrio che ora l’Italia vorrebbe rivedere.