Incidente motoslitta, Confortola: "In quota la sicurezza è una dottrina come sul lavoro"

Livigno, lo schianto costato la vita al dentista di Basiglio a 2.400 metri non è senza precedenti. Inutile anche il vademecum degli esperti

Marco Confortola

Marco Confortola

Valfurva (sondrio), 14 marzo 2022  «La sicurezza in montagna deve essere uno stile di vita. Come usare il casco in bici, come guidare l’auto con prudenza. In montagna l’attenzione alla sicurezza deve essere ancora maggiore, visto anche i cambiamenti climatici in corso". Marco Confortola è il “Cacciatore di 8000’’, come scrive in un suo libro. Ha conquistato 11 delle 14 vette più alte al mondo. La guida alpina ha inoltre legato la sua vita alla tragedia sul K2 nel 2008, che provocò la morte di undici alpinisti e costò al valtellinese l’amputazione di tutte le dita dei piedi. Nonostante questo Marco è tornato a scalare e te lo ricorda con una punta di ironia: "Mesi di ospedale: l’amputazione, le terapie, il ritorno a una vita normale nonostante i medici dicessero che era impossibile riprendere a sciare, scalare… avevo il 43 di scarpe, ora porto il 35: ho dovuto ricominciare da zero. Ma, con il tempo, sono tornato a lavorare (è una guida alpina molto richiesta ndr) e fare sport. Infine gli Ottomila, ne ho scalati quattro dopo il K2. Ma soprattutto porto la mia testimonianza nelle scuole e nelle aziende, e questa è la soddisfazione più grande, poter trasmettere dei valori".

Anche quest’anno sulle montagne lombarde non sono mancate le tragedie, eppure è nevicato pochissimo...

"È stato un inverno atipico. L’altezza della neve conta solo in parte. Il vento porta infatti alla formazione di accumuli molto pericolosi e instabili. Chi va in montagna dovrebbe prestare più attenzione ai bollettini meteo, alle condizioni della neve, al vento. Noi soccorritori non ci stancheremo mai di ripeterlo". Oggi ha 50 anni, ma è stato la guida alpina più giovane d’Italia. Ora è impegnato nella sua Valtellina con il servizio di elisoccorso che ha base a Caiolo...

"Purtroppo ne vediamo di tutti i colori sia d’inverno che d’estate. Certo, a volte alla base di una tragedia c’è la sfortuna ma spesso, troppo spesso, si tratta di imprudenza. In alcuni casi si chiede troppo al proprio fisico, in altri si affronta la montagna senza adeguata attrezzatura".

Nel 95% degli incidenti in montagna, le valanghe sono provocate dalle stesse vittime.

"In questi anni è cresciuta la cultura dell’andare in montagna ma c’è ancora tanto da fare. Ai ragazzi faccio sempre l’esempio di un posto di lavoro. Le norme sulla sicurezza ci sono, ma bisogna rispettarle e farle rispettare. Come ho detto prima: la sicurezza in montagna deve essere uno stile di vita, come allacciarsi le cinture di sicurezza in auto".

Marco Confortola in passato ha saputo anche rinunciare a un 8.000, quando ha capito che il rischio era troppo elevato. È successo sul Kanchenjunga in Nepal. Marco era a poche centinaia di metri dalla cima: "Avevo troppo freddo per poter continuare. Bisogna anche avere il coraggio di dire no, non ce la faccio".