Il secondo inverno più secco mette in crisi l’industria dello sci

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È tempo di cambiare pelle in montagna dopo la fine della stagione invernale che, dopo due anni di Covid, è stata segnata dall’assenza di neve. L’osservatorio del Campo dei Fiori ha registrato una media stagionale durante l’inverno di 4,2°, superiore di 2,3° rispetto al precedente primato di inverno più mite registrato nel 2006-07. Con 42 millimetri di pioggia, meno del 20% dell’apporto consueto, si è appena concluso il secondo inverno più secco, con il limite del manto nevoso residuo che sui versanti assolati è risalito perfino sopra i 2.500 metri di quota.

Legambiente nel suo report annuale ha fotografato le difficoltà del turismo invernale. In tutta Italia sono 348 gli impianti in sofferenza ad alta e bassa quota: 132 sono dismessi, 113 temporaneamente chiusi e 103 in funzione anche se i costi superano gli utili. Molti sono in Lombardia dove non c’è provincia, a esclusione di quelle di pianura, che non abbia strutture dismesse o in stato di abbandono.

In provincia di Bergamo ci sono le seggiovie di Schilpario e Zambia Alta, gli skilift di Lizzola, Selvino, Oltre il Colle e Ardesio, la funivia di Torre de Busi. A Brescia gli impianti di Artogne e Pian Camune e la seggiovia di Collio, in provincia di Como lo skilift del Monte San Primo a Bellagio, il Pian del Tivano, quello di Casasco e quello della Sighignola in Alta Valle Intelvi. A Lecco gli skilift di Careno, Pasturo, Esino Lario, Casargo e Pian dei Resinelli mentre a Pavia è da rottamare la "manovia" sulla Cima Colletta a Brallo di Pergola.

A Sondrio lo skilift di Arnoga in Valdidentro, la teleferica dello Scerscen a Chiesa Valmalenco e quella di Caspoggio. Infine a Varese lo skilift di Poggio Sant’Elsa a Laveno. R.C.