Il cementificio sul Sebino: guerra di ricorsi

Il Tar boccia l’istanza di Comune e Legambiente che si rivolgeranno al Consiglio di Stato per bloccare l’uso di combustibili solidi secondari

Migration

di Milla Prandelli

Il Tribunale amministrativo regionale ha bocciato il ricorso effettuato dal Comune di Tavernola nel 2018 contro la decisione, da parte della Cementifera, di bruciare combustibili solidi secondari. La comunicazione arriva dall’amministrazione comunale e da Legambiente, che si trovano a combattere sullo stesso fronte.

"Il Tar di Brescia ha dato torto al Comune – si legge nel comunicato diramato nelle scorse ore –. In relaziona al futuro questa amministrazione non può stare a guardare. È una sentenza che rispettiamo ma non condividiamo, valutandone l’appello al Consiglio di Stato. La recente crisi energetica ha favorito un orientamento simile anche a livello centrale del Governo, con norme che stanno favorendo il coincenerimento di rifiuti nei cementifici e l’utilizzo delle fonti fossili per fare fronte all’emergenza".

Il Comune esprime anche preoccupazione sulla possibilità che in futuro sia ampliata la tipologia di rifiuti da incenerire.

"L’autorizzazione del cementificio riguarda l’utilizzo di Css-Combustibile, un rifiuto ottenuto dalla componente secca di plastica, carta, fibre tessili. Ci auguriamo il rispetto delle premesse fatte dalla dirigenza qualche anno fa, quando dichiarava che non avrebbe mai avviato questa pratica senza il consenso locale che non c’è ora e non c’è mai stato. Restano anche le problematiche legate a una frana da 2milioni100mila metricubi, sul fronte del monte Saresano, dietro la fabbrica, tutt’altro che ferma e che, ad oggi, si muove ancora di circa 0,26 e 0,34 millimetri al giorno, quindi il triplo circa rispetto al trend storico in quel pendio".

Legambiente del Basso Sebino si è espressa con toni ancora più duri. "La bocciatura, da parte dei magistrati amministrativi del ricorso presentato nel 2018 dal Comune di Tavernola, mortifica le autonomie locali – dice Dario Balotta del Circolo Luciano Pajola –. Trascura l’ambiente e la salute di tutti i cittadini, temi recentemente inseriti nella Costituzione. L’attività produttiva non può più essere decisa solo da Italsacci. Le sue emissioni inquinanti, il deposito di materiali pericolosi, l’estrazione della marna dal monte Saresano, che ha minacciato una pericolosa frana per tutti i paesi del lago d’Iseo, oltre al caotico traffico provocato da centinaia di camion giornalieri che transitano sulla stretta litoranea, non possono più essere sottovalutati. L’azienda non deve condizionare ogni decisione sul futuro del territorio".