
I Cavalli di razza della ’ndrangheta Frodi finanziarie ed estorsioni Chieste condanne per 182 anni
di Paola Pioppi
La richiesta di condanna più alta, 24 anni, è arrivata per Antonio Carlino, 49 anni di Gioia Tauro, congiuntamente alla confisca di beni per 4 milioni, ritenuti profitto dei reati che gli sono stati contestati nel processo dibattimentale dell’indagine Cavalli di razza della Dda di Milano.
È la conclusione a cui sono giunti i pubblici ministeri Pasquale Addesso e Sara Ombra, nello stralcio processuale che ha portato davanti al Tribunale Collegiale di Como undici dei 54 imputati.
Richieste di pene elevate anche per i coimputati, a molti dei quali viene contestata l’associazione a delinquere, con vari ruoli e mansioni: 22 anni per Massimiliano Ficarra, commercialista di 54 anni residente a Lomazzo, che avrebbe messo le sue competenze a disposizione dell’ideazione e realizzazione delle frodi finanziarie, e per Alessandro Tagliente, 58 anni di Appiano Gentile, ritenuto il braccio destro di Bartolomeo Iaconis, detenuto con l’ergastolo per l’omicidio di Franco Mancuso. Chiesti 20 anni per Daniele Ficarra, 46 anni di Gioia Tauro; 18 per Rocco Marcello Ficarra, 59 anni di Castronno, Leo Palamara, 52 anni di Africo, indicato come partecipe dell’associazione, per essersi fatto carico del mantenimento di alcuni detenuti. Stessa richiesta per Andrea Stillitano, 39 anni di Mozzate, che avrebbe collaborato con i Salerni per imporre il monopolio delle commesse alla Spumador (filone di indagine giudicato nel processo con rito abbreviato) e per Claudio Tonietti, 43 anni di Zurigo, ritenuto il referente in Svizzera dei vertici della locale di Fino Mornasco. Richiesta di 10 anni per Antonio Ficarra, 35 anni di Gioia Tauro, accusato di concorso in una estorsione. Infine 9 anni per Giuseppe Iaconis, 24 anni, figlio di Bartolomeo, accusato di aver ricevuto gli ordini impartiti dal padre detenuto, e 3 per Giuseppe Valenzisi, 33 anni di Lomazzo, accusato di concorso in una intestazione fittizia.
Il processo è proseguito con le arringhe degli avvocati di parte civile, per passare poi la parola alle difese, che proseguiranno nelle prossime udienze. Un grosso filone delle indagini riguardava reati di frode fiscale e multiple bancarotte societarie, i cui proventi sarebbero stati utilizzati per finanziare l’associazione: cooperative utilizzate per evasioni fiscali milionarie e per creare un indotto a favore della criminalità calabrese.