Giovanni Pieroni morto ad Aprica sugli sci poteva salvarsi? S'indaga per omicidio colposo

Aprica, disposta l’autopsia sulla vittima. Il giovane architetto si è schiantato contro un cannone spara-neve

Un carabiniere e un poliziotto impegnati nei rilievi dopo la tragedia

Un carabiniere e un poliziotto impegnati nei rilievi dopo la tragedia

Aprica - Aveva acquistato lo skipass giornaliero, per trascorrere una sola giornata sugli sci all’Aprica, e quel solo giorno di divertimento sulla neve con i genitori e un amico, gli è stato fatale. Mentre scendeva dalla pista Magnolta Inferiore, uno dei tracciati più tecnici del comprensorio, classificata “nera“, il 29enne architetto Giovanni Pieroni, de La Spezia dove ufficialmente risiedeva, ma di fatto da alcuni anni trasferitosi a Milano, collaboratore in uno studio di architettura, ha perso il controllo degli sci finendo fuori dal tracciato e andando a cozzare contro uno dei cannoni spara-neve posti ai margini della pista.

Un urto molto violento che gli ha provocato ferite devastanti al torace e allo sterno, oltre alla frattura scomposta di alcune costole. Immediati i soccorsi da parte, innanzitutto, dei poliziotti-sciatori in servizio di salvataggio nella ski-area e poi dell’equipe medica giunta con un velivolo di Elicomo mandato da Areu. Ma il giovane spezzino, che al momento della tragedia chiudeva il piccolo gruppo di sciatori composto dai genitori e dall’amico, è morto durante il volo.

Nella giornata di domenica si è svolta la ricognizione cadaverica all’obitorio dell’ospedale sondriese, ma il procuratore Piero Basilone ha disposto venga eseguita anche l’autopsia, perché la dinamica dell’incidente non è chiarissima. In Procura è stato aperto un fascicolo, al momento, ancora contro ignoti, ossia a modello 44. L’ipotesi di reato per cui si indaga è omicidio colposo. I poliziotti, nelle ultime ore, hanno effettuato nuovi sopralluoghi e scattato altre foto all’area della disgrazia e al “cannone“ sotto sequestro.

Giovanni Pieroni, descritto come "un ragazzo meraviglioso, preparato nel suo lavoro e che appena prima di Natale aveva concluso la collaborazione lavorativa con uno studio milanese", che pure come quasi tutti gli adulti non indossava il casco protettivo (ma i traumi non sono stati alla testa), si sarebbe potuto salvare se la macchina per la produzione di neve artificiale avesse avuto un’adeguata protezione? C’erano delle reti che delimitavano la pista e, quindi, in grado di fermare un’eventuale uscita o, almeno, di attutirne le conseguenze ? Le foto scattate dagli uomini della questura di Sondrio, subito dopo la disgrazia, cosa ritraggono del “cannone“? Intanto sui social, in questi giorni, impazzano i video che riprendono addetti ai lavori, nelle diverse località sciistiche, impegnati ad apporre tappettini e dispositivi protettivi anche ai piloni degli impianti di risalita. Per scongiurare, almeno in futuro, che si ripetano analoghe tragedie.