Magni
altro pomeriggio
al circolo degli anziani l’atmosfera
inapettatamente si è fatta cupa. Quasi tutti gli ospiti non
si erano ancora seduti ai tavoli per giocare alle carte,
come è stata sempre consuetudine, perché apparivano tutti molto preoccupati. Per che cosa?
Per la “sciura Marietta” che da almeno un quarto d’ora stava
accovacciata su una sedia
con la testa fra le mani e sul
volto un’aria di sconforto totale. Negli occhi luccicava
qualche lacrima. Gli amici cercavano di portare conforto
e si chiedevano quali fossero
le ragioni di quella evidente
afflizione. A questo punto
è intervenuto il Carletto il quale
ha proposto di andare a chiamare “el Francesc”, da tutti
chiamato “el Cecch”. Ma perchè propri il “Cecch”? "Perché
– ha subito spiegato Carletto – el “Cecch” l’ vün bravu a vend
la cunsulina". La spiegazione è apparsa subito incomprensibile a tutti quanti erano intorno alla
Marietta piangente. Comunque qualcuno è andato
veramente a chiamare
el “Cecch”. Carletto con quella storia della “cunsulina”
che el “Cecch era così bravo
a vendere, ha riesumato
(lui grande appassionato del dialetto milanese antico)
un modo di dire che un tempo era usato per indicare uno era bravo a portare conforto, a tirare su il morale degli afflitti. L’uomo che riusciva a portare conforto era protagonista del detto “Quell lì l’è bunn de vend la cunsolina”. Una piccola
metafora per dire “che costui portava consolazione”.
Il modo di dire faceva riferimento ai veri venditori
di cunsulina che giravano
per Milano nell’Ottocento
a vendere acqua con la liquerizia, fette di limone
e di mele. Dissetava e ritirava
su il morale. Il modo di dire
in questione è evidentemente scomparso nel parlare
dialettale di questi nostri tempi così distratti. Solo un
esperto, appassionato del dialetto come Carletto poteva
riproporlo. E quindi anche noi
lo facciamo dando voce
ai sapienti ricordi del Carletto. Per la cronaca el “Cecch”,
giunto in fretta, è riuscito
con tante belle e appropriate
parole a consolare la Marietta.
mail: emiliomagni@yahoo.it