MONICA GUZZI
Cronaca

Duecento anni di Stelvio: il futuro del passo secondo Gustav Thoeni

La mitica strada dei pionieri dell’automobilismo e degli eroi del ciclismo è diventata una nuova frontiera del turismo. Parla il mito della Valanga Azzurra, figlio di queste montagne dove si trova anche l’albergo di famiglia

Duecento anni di Stelvio: il futuro del passo secondo Gustav Thoeni

“Qui a Trafoi lo Stelvio fa parte di noi. Il mio bisnonno, come tutti, ha lavorato alla costruzione della strada. Mio padre faceva il maestro di sci sullo Stelvio. E anch’io aiutavo: quando finivo la scuola andavo a dare una mano agli skilift. Anche la squadra si allenava lì. C’erano 200 maestri di sci, la gente veniva su da tutt’Italia, c’erano code alle funivie. Lo Stelvio era la nostra economia. E per noi bambini c’erano le macchine da sogno e i piloti che si facevano avvicinare”.

Gustavo Thoeni con la moglie Ingrid a Trafoi
Gustav Thoeni con la moglie Ingrid a Trafoi

Per Gustav Thöni è sempre stata una presenza silenziosa: il passo più alto d’Italia, il secondo d’Europa (2758 metri), ha accompagnato ogni fase della vita e della carriera del grande campione che ha vinto tutto e ha rivoluzionato il mondo dello sci. Normale, dal suo osservatorio al tornante numero 46 della statale 38, quartier generale dell’hotel Bella Vista a Trafoi, festeggiare i 200 anni della mitica strada dello Stelvio come se si trattasse di qualcuno di famiglia.

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Stelvio, escursioni in quota per festeggiare i 200 anni del passo. Il calendario

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Non a caso l’hotel, fondato nell’Ottocento dalla famiglia di Anna Ortler, la mamma di Gustavo, di anni ne compie ben 150. E risale a 50 anni fa la storica quarta Coppa del Mondo di sci alpino che Thöni (in italiano Thoeni) vinse, battendo all’ultimo respiro il rivale Ingmar Stenmark nello storico slalom parallelo in Val Gardena.Destini che si intrecciano a 1533 metri d’altezza, in questa frazione privilegiata dove ammirare il maestoso paesaggio disegnato, molto più in su, dalle cime dell’Ortles, del Madatsch e del passo entrato nella leggenda.

Lo Stelvio
Lo Stelvio

Qui negli anni Trenta partiva la gara di automobili più alta del mondo, e sempre da qui, pedale su pedale, sono partite le salite epiche del Giro d’Italia, culminate non per niente nella Cima Coppi, simbolo di eroismo su due ruote. E ancora qui si allenava la Valanga Azzurra che ha dominato il mondo dello sci. Prima ancora a Trafoi arrivavano i turisti dell’Ottocento, le teste coronate che soggiornavano al Grand Hotel. Tra i viaggiatori c’era anche Freud: al padre della psicanalisi oggi è dedicata un’epigrafe a pochi passi dal moderno centro visitatori del Parco nazionale dello Stelvio, di fianco al Bella Vista. Un parco di 130mila ettari  fra Trentino alto Adige e Lombardia, paradiso  arrivato al traguardo dei 90 anni, paradiso dello stambecco, dell’aquila reale e del gipeto.

Il rifugio Tibet al passo dello Stelvio
Il rifugio Tibet al passo dello Stelvio

Jet set, fatica e sudore, gesti eroici. Non è un caso se oggi i due secoli della strada sono stati festeggiati proprio al Bella Vista, il più antico luogo di accoglienza lungo la strada statale 38. Un’occasione per festeggiare le radici, ma anche per lanciare un messaggio per il turismo del futuro.

La strada

Il passo oggi è un gigante ammaccato sullo sfondo di un ghiacciaio in ritirata e di in turismo fatto di bancarelle e selfie mordi e fuggi. Ma raggiungerlo dal versante di Trafoi, percorrendo tornanti sempre più arditi, a sfidare le leggi della fisica, ha ancora il significato di un’impresa.

La salita da Trafoi
La salita da Trafoi

Per costruire la strada, voluta dall’imperatore Francesco I d’Asburgo per far sfuggire le merci del suo impero ai dazi elvetici, ci vollero 63 mesi di lavoro e 2.500 operai. Costo dell’opera, 2 milioni e 900mila fiorini. All’inaugurazione solenne partecipò anche l’imperatore. Il progetto era stato affidato dal governo di Vienna all’ingegnere capo della Provincia di Sondrio, Carlo Donegani, che già firmò la strada del Passo Spluga. In alto, a due passi dagli scenari della Prima guerra mondiale, c’è anche un museo dedicato all’ingegnere che realizzò l’impresa.

Fausto Coppi sullo Stelvio nel 1953, dal libro "Strada verso il cielo"
Fausto Coppi sullo Stelvio nel 1953, dal libro "Strada verso il cielo"

Lo storico albergo è stato teatro delle celebrazioni per i due secoli del passo. Una proiezione videomusicale di immagini storiche sulla facciata del Bella Vista ha segnato a luglio l’inizio dell’anniversario, celebrando i miti dell’automobilismo, del ciclismo e dello sci, fra Nuvolari, Coppi e lo stesso Thöni.

Il paradiso dei ciclisti
Il paradiso dei ciclisti

Tre giorni di festa accompagnati da un raduno di auto d’epoca dell’ASI e da tanti altri eventi. Regista dell’appuntamento, Stephan Gander, l’imprenditore turistico che con la moglie Petra, figlia di Gustavo, dà nuova linfa al progetto dei Thöni. Ai due secoli dalla nascita della visionaria opera ingegneristica, Stephan le ha dedicato una preziosa pubblicazione, in italiano e in tedesco. Si intitola “Strada verso il cielo” ed è un’opera che racconta come questo tracciato abbia cambiato la vita alle genti di tre vallate alpine un tempo quasi invalicabili: Val Venosta, Valtellina e Val Monastero, in Svizzera.

L'hotel Bella Vista a Trafoi
L'hotel Bella Vista a Trafoi

Crocevia di culture

“Lo Stelvio è il custode di queste valli, un patrimonio di culture e biodiversità”, spiega Stephan Gander. “Qui 2.500 anni fa abbiamo parlato tutti la stessa lingua. Le tre vallate hanno trovato tre soluzioni diverse per sopravvivere d’inverno: la Valtellina ha trovato la bresaola, il Sud Tirolo lo speck, la Svizzera la carne salata: in un raggio di 20 chilometri tre soluzioni diverse”. Il messaggio è chiaro: il futuro dello Stelvio non è più quello del turismo mordi e fuggi, ma della lentezza, della cultura comune, del rispetto delle differenze e del consumo consapevole. Dove la ricchezza sta nelle diverse declinazioni di una cultura di base comune.

Il ghiacciaio
Il ghiacciaio

Non a caso, qualche curva sotto lo Stelvio, si apre il passo Umbrail, oggi luogo di pace dominato dalle tre bandiere che sventolano insieme: quelle di Italia, Austria e Svizzera. E anche alla festa dei due secoli di Stelvio a Trafoi sono stati invitati tutti i sindaci delle vallate legate allo Stelvio, patrimonio comune: Silvia Gavazzi di Bormio, Gabriella Binkert Becchetti di Val Monastero, Rafael Alber di Prato allo Stelvio e Franz Heinisch di Stelvio (mancato qualche giorno dopo la celebrazione).

Il panorama dal Bella Vista
Il panorama dal Bella Vista

Viaggio nei sapori

“Nella cucina facciamo vivere a chi arriva queste tre esperienze”, continua Stephan. Persino il cocktail Gustavo rappresenta tutto l’arco alpino: un drink tricolore composto in parti uguali da Lillet blanc, Select e Stelvio Gin, medaglia d’oro prodotto dal maso di Niki Walnhöfer con una ventina di botaniche raccolte nel Parco Nazionale per un risultato di duemila bottiglie l’anno.

Il Bella Vista è l’anima delle diverse strutture di Trafoi riunite nel gruppo Stelvio Hotels. Dai canederli tricolori, alla barbabietola, spinaci e formaggio, fino al cavolfiore della Val Venosta con le nocciole locali.

Orzo e finferli
Orzo e finferli

“Tutto arriva da piccoli produttori locali, no exotic. L’unico frutto esterno che compro è la banana”, spiega lo chef Andreas Wunderer, al Bella Vista dal 2022, dopo i primi passi al ristorante stellato “La Stüa de Michil” dell’hotel “La Perla” di Corvara in Badia, seguiti da 7 anni a Monaco di Baviera, in Germania, durante i quali ha lavorato al ristorante Acquarello di chef Mario Gamba (già 1 stella Michelin), arrivando a raggiungere il rango di Sous-chef e partecipando a eventi in tutto il mondo a fianco di chef stellati come Heinz Winkler e Norbert Niederkofler. E poi altri 8 anni a Londra culminati nel lancio dello “Shaun Rankin Restaurant”(1 Stella Michelin) all’interno dell’elegante hotel di lusso Grantley Hall a Ripon, nello Yorkshire, fino al ritorno a casa, dove oggi è interprete di una cucina gourmet a chilometro zero.

E poi c’è il vino (oggi anche con etichette ispirate alle vittorie entrate nella storia dello sci), dove si spazia dal Pinot Bianco al Sauvignon, fino al Traminer. Non a caso già 2.500 anni fa qui nella Rezia si coltivava la vite.

Le esperienze vicine

Oltre allo sci con Gustav durante l’inverno, la montagna offre mille possibilità, fra cui in questa stagione spiccano le camminate alle 5 del mattino sullo Stelvio fino al Lago d’Oro a vedere l’alba, o ancora le passeggiate dove imparare a respirare davvero a pieni polmoni, o lo yoga all’aria aperta, un’esperienza olistica nella natura contro il logorio della vita moderna. E poi c’è il piccolo museo con i cimeli e i ricordi del leggendario campione e della Valanga Azzurra, che qui spesso si ritrova.

Dal paese sommerso al monastero di Carlo Magno

Estate e autunno sono i momenti migliori anche per conoscere la storia di questa terra. “Dall’altra parte dello Stelvio c’è un monastero fatto costruire da Carlo Magno, ha 1250 anni ed è patrimonio Unesco dal 1983. I suoi affreschi di epoca carolingia sono unici. Noi ne consigliamo sempre la visita, come pure della bellissima Glorenza”, racconta Stephan Gander.

Il campanile sommerso di Curon
Il campanile sommerso di Curon

Oltre Glorenza, le cui mura volute dall’imperatore Massimiliano sono rimaste intatte, si arriva a Curon, uno dei luoghi più instagrammati d’Europa per via del suo campanile che sembra nato in mezzo al lago di Resia. Un luogo che nasconde una storia tragica, visto che si tratta di un bacino artificiale, la cui creazione ha comportato l’inondazione di un paese nel 1950 per realizzare una diga. Tutti gli edifici furono rasi al suolo con la sola eccezione del campanile della chiesa di Santa Caterina, che restò in piedi quando tutto il villaggio venne minato per essere demolito e fu dichiarato monumento storico. Un evento al quale Marco Balzano ha dedicato un libro (“Resto qui”) e che oggi viene raccontato con dei pannelli ricchi di foto storiche sul lungolago, paradiso dei biker.

A due passi dal confine con la Val Venosta si trova invece il monastero di San Giovanni Battista, patrimonio Unesco. È il monastero benedettino di Müstair, in Val Monastero, nel Cantone dei Grigioni in Svizzera. La storia è antichissima.

il monastero di San Giovanni Battista, patrimonio Unesco
il monastero di San Giovanni Battista, patrimonio Unesco

La leggenda vuole che la sua costruzione avvenne nell’Ottocento per volontà di Carlo Magno, come voto nel caso in cui fosse sopravvissuto a una tempesta di neve di cui fu vittima. Nato come monastero maschile, oggi accoglie una comunità femminile di otto monache. Dal 1983 è entrato nella World Heritage List dell’Unesco. Il monastero ospita infatti un doppio ciclo di pitture, gotiche e carolinge, custodite sotto le ultime rimaste.

Gli affreschi del monastero di San Giovanni Battista, patrimonio Unesco
Gli affreschi del monastero di San Giovanni Battista, patrimonio Unesco

Oltre al ciclo di pitture murali dell'Alto Medioevo più completo e meglio conservato, la chiesa conserva anche la più antica statua monumentale raffigurante Carlo Magno, un tempo dipinta. Grazie alle indagini archeologiche, è stato possibile fare nuove scoperte e la Cappella di Santa Croce, che si pensava fosse romanica, si è rivelata un vero gioiello dell'architettura e dell'arte carolingia. Qui si leggono dodici secoli di storia, secondo una vocazione, quella dell’ora et labora, che continua ancora oggi.