
Cane addestrato per i salvataggi in alta montagna
Sondrio, 9 febbraio 2015 - Pochi interminabili istanti, lungo quel sottile confine tra vita e morte. Trac non ha avuto esitazioni, ha iniziato a scavare, abbaiando, puntando il muso con decisione verso un anfratto preciso, nella vastità bianca e immacolata della montagna. E l’istinto lo aveva guidato nel punto giusto. Sotto quel cumulo di neve, in un fragile rifugio costituito da una sacca d’aria creatasi tra la neve e i rami di un albero, si trovava un pastore di Chiavenna, travolto dalla valanga mentre cercava una delle pecore sfuggite al suo occhio attento. Il segnale di Trac si è rivelato determinante.
Gianluca Tabacchi, l’altra metà dell’unità cinofila, in pochi minuti è riuscito a individuare e a riportare il giovane in superficie, proprio quando si stava iniziando a temere il peggio. È una delle storie di quelli che sono comunemente definiti ‘cani da valanga’, dei veri e propri angeli custodi dell’alta quota. Cani speciali, formati per intervenire nelle emergenze, per salvare vite umane. Hanno i nomi dei beniamini dei bambini (come il Border Collie Scooby) ma si chiamano anche Tybe, Nide. Sono principalmente cani di razza Golden Retriever, Labrador, Pastori tedeschi. «Si tratta di animali con una forte motivazione, un grande temperamento – spiega Omar Giacomella, coordinatore delle unità cinofile del Soccorso alpino VII delegazione Valtellina-Valchiavenna –. Devono lavorare in zone impervie, con temperature proibitive. Hanno una grande sensibilità. Vivono in simbiosi con noi, insieme facciamo sacrifici e investiamo tempo ed energie per migliorare, per migliorarci. E loro sanno perfettamente che quando indossano la pettorina inizia il momento del lavoro».
Ogni intervento è una storia a sé. E si creano legami profondi. Le persone salvate spesso vogliono incontrare, ringraziare e guardare negli occhi coloro ai quali devono la vita. E tra questi, in prima fila, ci sono sempre loro, i cani da valanga. La formazione di questi eroi a quattro zampe inizia all’età di due mesi. Al loro fianco ci sono istruttori esperti che seguono il loro percorso durante tutto l’anno, con prove ed esercitazioni a cadenza mensile e corsi della durata di una settimana focalizzati su interventi specifici per le emergenze della stagione invernale ed estiva. Sono addestrati ad affinare l’olfatto, a spostarsi sul luogo dell’emergenza con l’elisoccorso, a calarsi dall’alto insieme al proprio compagno. Ed è proprio questa intesa viscerale tra uomo e cane a rivelarsi in molti casi determinante.
Di norma restano in attività fino al raggiungimento degli otto o nove anni di età. Con qualche eccezione. «È da poco andato in pensione un Golden Retriever di oltre dieci anni, in attività a Bormio – spiega Giacomella –. Si tratta di un esemplare molto capace, che poche settimane prima di ritirarsi aveva portato a termine un ritrovamento in superficie». Quando concludono la loro onorata carriera i cani restano con quella che è diventata la loro famiglia, i soccorritori. «Abbiamo passato una vita insieme, sono parte di noi. Non si può allontanarli da quello che è il loro ambiente, non lo capirebbero. E noi facciamo la nostra parte, cercando di rendere giustizia alla loro storia, mantenendoli sempre in attività, stimolandoli. Sono cani in apparenza come tanti, ma hanno maturato delle competenze che li rendono davvero unici».