Presunti abusi in preseminario, le indagini dell’allora vescovo Coletti

"C’erano cinquanta persone pronte a difendere il giovane sacerdote"

Il vescovo Diego Coletti

Il vescovo Diego Coletti

Colorina (Sondrio), 25 novembre 2017 - Caso sui presunti abusi nel preseminario Pio X in Vaticano: e se il sacerdote sotto accusa, che fino a due settimane fa prestava la sua opera presso la struttura intitolata a Don Folci, a Valle di Colorina, fosse stato solo calunniato? E se la Diocesi di Como e il Vaticano non avessero tentato di insabbiare le molestie, ma avessero invece accertato che si trattava di altro? Domande legittime, che in questi giorni difficili per la Chiesa in tanti si stanno facendo, anche in provincia di Sondrio, decisamente toccata dalla vicenda portata alla luce dalla trasmissione televisiva «Le Iene» e dal libro del giornalista Gianluigi Nuzzi «Peccato originale».

Il cardinale Angelo Comastri, accusato da alcuni protagonisti di aver voluto nascondere quello che succedeva nel presimario dove vivono e studiano i chierichetti del Papa, ha raccontato la sua verità al quotidiano «Il Messaggero», una verità molto diversa da quella narrata invece dalle due presunte vittime del prete 25enne e dal testimone polacco delle presunte molestie, Kamil. Parla di lettere anonime, portate all’attenzione dell’allora vescovo di Como, Diego Coletti, giuridicamente responsabile dello staff del preseminario, che nelle sue relazioni racconta di un ex alunno del preseminario che si esercitò due anni prima in una abbondante e devastante esercizio di lettere anonime con firme false, anche di cardinali, per accusare molti ecclesiastici. E di lettere anonime scritte per screditare, gettare fango, insinuare dubbi: venne anche individuato come autore un sacerdote abruzzese che puntava ad entrare nella struttura del preseminario. Il Vaticano lo allontanò, ma le lettere anonime continuarono. Poi le accuse al giovane sacerdote, che dopo l’ordinazione è stato mandato a Colorina.

«In merito ai fatti, ho constatato personalmente la loro infondatezza – scrisse Coletti -. Le informazioni raccolte depongono in quella linea. Ci sono più di 50 persone disponibili a difendere il giovane mostrando la pretestuosità delle accuse, come pure la macchinazione ordita da XX (il sacerdote abruzzese, ndr.). Ritengo dunque non sussistere fumus alcuno della gravità dei fatti di cui accusano le persone nelle lettere, ritengo dunque in coscienza non sia necessario procedere ad ulteriora». E anche in Valtellina c’è chi è intenzionato a difendere non tanto il giovane sacerdote, che in pochi conoscono davvero, quanto l’operato della Diocesi e non solo. Tra di loro il sindaco di Castione Andevenno, Massimiliano Franchetti, che ha affidato a Facebook il suo pensiero: «Dal 1979 al 1982 sono stato in collegio all’Opera Don Folci di Valle di Colorina e ho fatto anche un mese d’estate al preseminario in Vaticano – racconta -. Il vicerettore era quel don Enrico Radice che ho visto messo alla gogna come un mostro da «Le Iene» ed al quale, per quanto mi riguarda, mi legano solo ricordi positivi ed un’amicizia che dopo più di trent’anni ancora ci lega. Ho sofferto a vedere quello che ho visto. E non ho dubbi sulla sua buonafede di fronte al caso».