Pavia, stazione aperta di notte: "Noi pronti a vigilare"

Emergenza senzatetto, la Caritas: con i nostri volontari possiamo garantire sicurezza. Oggi nella sala San Martino di Tours si riunisce il Tavolo delle fragilità

L’ingresso della stazione di Pavia

L’ingresso della stazione di Pavia

Pavia -  Sette posti in più al dormitorio della Caritas, ma non tutti i senza fissa dimora che fino a ieri si sono riparati in stazione potranno essere accolti. Anche di questo si parlerà alle 13 nella Sala San Martino di Tours al Tavolo delle fragilità convocato per discutere quella che si annuncia come un’emergenza clochard, dopo la decisione delle Ferrovie di chiudere di notte (tra le 2 e le 4) i locali della stazione compresi i sottopassi. Una decisione assunta e prorogata grazie all’intermediazione del vescovo Corrado Sanguineti per garantire il decoro del luogo attraversato ogni giorno da migliaia di pendolari e che, se nel capoluogo non è mai stato vandalizzato, in alcuni piccoli centri è stato preso di mira da sbandati.

"Facciamo appello perché oltre alle misure di sicurezza ci sia un contemporaneo spirito di accoglienza e di servizio ai più deboli - ha detto il direttore della Caritas don Franco Tassone -. Ci basta uno spazio da allestire come emergenza freddo. Ci auguriamo che, a livello istituzionale, tutti gli attori coinvolti colgano l’esigenza che si vive oggi a Pavia, legata non solo al freddo ma anche a situazioni di disagio e solitudine". Com’era accaduto all’inizio della pandemia, anche ora potrebbe essere allestito uno spazio nel quale accogliere chi ha bisogno, perché non tutti possono sistemarsi nelle strutture. Ma ci vuole il tempo. "Al centro diurno su una presenza di 42 senza fissa dimora - ha aggiunto don Franco - abbiamo riscontrato che solo alcuni possono essere accolti perché hanno necessità di alloggiare con cani o in coppia". Sono una ventina le persone che hanno bisogno di un locale nel quale essere ospitate e che i volontari della Ronda della carità potrebbero monitorare, se rimanessero in stazione.

«Ci stiamo coordinando coi servizi sociali - ha proseguito Giorgio Musso, responsabile della Comunità di Sant’Egidio - e riterremmo opportuno si lasciasse almeno aperto il sottopasso con la sala d’attesa secondaria. Ci sono persone affette da disagio psichico severo, altre di passaggio che conoscono meno il tessuto delle associazioni, sarà impossibile inserirle in dormitorio. Siamo consapevoli che la stazione non sia un dormitorio, ma là sono controllabili. Con la stazione chiusa queste persone vanno incontro a un grandissimo pericolo e per la gestione dell’ordine pubblico, crediamo sia meglio avere un luogo controllato, dove c’è la presenza della polizia, piuttosto che queste persone si disperdano in case abbandonate come era accaduto all’Arsenale o come si verifica per il Policlinico. Per questo tenere aperta almeno una parte della stazione sarebbe una soluzione umana e ragionevole".